1946: Referendum istituzionale monarchia-repubblica

autore: 
Franco Malnati

Pro memoria riassuntivo ad uso del 2 giugno!

1) La tesi del capovolgimento del risultato del referendum istituzionale non ha una semplice rilevanza storica, ininfluente ai fini della situazione politica odierna. Invero, lo Stato attuale si regge tuttora sull'esito della votazione del 2 giugno 1946, così come comunicata ufficialmente da chi all'epoca deteneva il potere (gli stessi partiti che hanno continuato a detenerlo fino ad oggi, e tuttora lo detengono). Da quella comunicazione sono nate sia la forma istituzionale repubblicana, sia la composizione dell'Assemblea Costituente che ha poi varato la vigente Costituzione. E poichè nell'attuale momento politico è in discussione tutto il sistema esistente, ormai duramente contestato dalla maggioranza del Paese, non è chi non veda l'importanza fondamentale di fornire la prova certa che le basi stesse di tale sistema sono state non soltanto inquinate, ma letteralmente stravolte alle origini, allorchè coloro che si sono poi rivelati ladri, prevaricatori e incapaci, hanno compiuta la prima delle loro azioni delittuose, intesa alla conquista incontrollata e definitiva dello Stato (delitto di cospirazione politica mediante associazione, la cui consumazione è tuttora in atto).

LA PROVA

2) Certo, per fornire la prova occorre uscire dalla genericità nella quale finora si sono mantenuti tutti coloro che hanno subodorato l'esistenza del problema, e pervenire a risultati che possano avere una validità legale, attraverso documenti e cifre decisivi.

3) I documenti decisivi sono essenzialmente due: a) una confessione pubblica del ministro Giuseppe Romita; b) un prospetto ufficiale del Ministero degli Interni, con i dati del referendum alle ore 08,00 del 4 giugno 1946, che rettifica in un punto essenziale l'anzidetta confessione.

ROMITA

4) Romita, ministro degli Interni al momento della votazione, acceso repubblicano, tredici anni dopo I fatti (1959) ha scritto un libro intitolato: "Dalla Monarchia alla Repubblica", pubblicato dalla Casa Editrice Nistri e Lischi di Pisa, descrivendo le fasi del trapasso istituzionale. In detto libro c'è un capitolo, significativamente chiamato "E una notte la Monarchia fu in vantaggio", la cui lettura appare opportuna, in linea generale, perché mette bene in evidenza la gestione a senso unico che fu impressa dal Romita alla consultazione popolare.

Comunque, interessa qui precisare che nel capitolo in questione l'autore racconta come, in una delle due notti di scrutinio (furono due, quella dal 3 al 4 giugno e quella dal 4 al 5 giugno, perchè i risultati del referendum cominciarono ad affluire al Viminale verso la mezzanotte del 3, e terminarono nelle prime ore del 5, a un certo punto, in seguito all'afflusso di un nutrito gruppo di voti di sezioni meridionali, la Monarchia passò in vantaggio nel conto globale, raggiungendo un margine tanto "netto" che la situazione parve non lasciare più speranze. Romita descrive in modo pittoresco la propria disperazione, la propria ribellione, il proprio timoredi affrontare i "compagni" che non volevano l'avventura del referendum; dice di essersi messo a camminare per la stanza, per poi ritornare al tavolino (dove stavano i risultati), nella speranza di essersi sbagliato, e constatare che invece era proprio così, che la Monarchia stava vincendo, e che sarebbe rimasta sul trono ("la dinastia più inetta d'Europa", scrive) enormemente rafforzata dal voto popolare; "ero affranto", conclude. Poi diventa misterioso.

Dopo di avere ricordato che non era stata mai comunicata ufficialmente, all'esterno, alcuna cifra parziale (questo è rigorosamente vero: il Viminale comunicò soltanto, alle 20 del 4, che "vi era una lieve maggioranza repubblicana, ma mancavano ancora molti risultati, specie del Mezzogiorno"), ed avere precisato che, durante "quelle spaventose ore" non aveva voluto ricevere nessuno (disponendo che I giornalisti fossero mandati via dalla sala stampa, in modo che "nella notte in cui la Monarchia fu in vantaggio, l'Italia credette che fosse in vantaggio la Repubblica"), sorvola rapidamente sulle ore successive, senza dire che cosa mai sia potuto accadere per giungere alla vittoria repubblicana. Racconta soltanto di avere fatto alcune telefonate, di essersi addormentato per una o due ore, di essersi svegliato, di avere lottato con Nenni per impedire che I giornali del mattino annunciassero l'avvento della Repubblica (la notizia sarebbe stata diramata per prima, chissà perchè, da radio Montevideo!), di avere avuto paura di qualcosa di indefinito, e infine di essere diventato esultante, via via che passavano le ore, e si avvicinavano le 17, ora in cui lesse pubblicamente i risultati ("il più bel giorno della mia vita")..

5) Ora, qual è questa notte? Romita, in un solo punto del capitolo, si esprime sull'argomento "nella notte dal 3 al 4 giugno". Così ha tratto tutti in inganno, perchè nessuno (salvo, modestamente, il sottoscritto) ha passato al vaglio l'attendibilità di questa collocazione temporale. E perciò tutti hanno ricostruito il "trend" elettorale in questo modo: i primi dati sarebbero pervenuti in prevalenza dal Sud, attribuendo alla Monarchia quel vantaggio iniziale, nella "prima" notte, di cui parla Romita, ma poi, durante la giornata del 4 e nelle prime ore del 5, mescolandosi le cifre con quelle del Nord, si sarebbe pervenuti al noto risultato finale. 6) Senonchè, non è affatto vero. La notte è la "seconda", quella dal 4 al 5, alla fine dello scrutinio.

Già la lettura attenta del capitolo convince pienamente che questa è la verità; basti dire che la proclamazione ufficiale è avvenuta alle 17 del 5, e che la cronologia dello stesso Romita colloca questa proclamazione nella giornata successiva alla famosa notte. Lo stesso dicasi dei giornali con la notizia della vittoria repubblicana, che sono usciti il 5, non il 4. Inoltre, sintomo evidente della irreversibilità della situazione, ormai quasi finale, è la disperazione di Romita: se si fosse semplicemente trattato di pochi dati iniziali con provenienza meridionale, egli non si sarebbe sicuramente allarmato. Ma, oltre a queste prove logiche di una voluta retrodatazione di 24 ore nel libro, vi è una prova documentale, che è quella di cui dicevo al punto 3b.

PROVA DOCUMENTALE

7) Si tratta del prospetto che era allegato alla nota lettera 4 giugno 1946 di De Gasperi a Falcone Lucifero. Detto prospetto, coi risultati per Regione alle 8 del mattino del 4, proviene direttamente dal Ministero degli Interni, e porta il numero progressivo 1 ("prospetto 1"). Chiaramente, il Ministro degli Interni l'aveva trasmesso a De Gasperi, Presidente del Consiglio, in via riservata (infatti De Gasperi, nella lettera, lo dice); però De Gasperi, nella stessa giornata del 4 (non si sa a quale ora), lo fece avere alla Real Casa accompagnandolo con la suddetta lettera, che Lucifero ha pubblicato a più riprese, senza essere mai smentito.

Da notare che, se è sicuro che Lucifero ebbe quell'unico prospetto, non è invece da escludere che Romita abbia fatto avere a De Gasperi anche i prospetti successivi, o parte di essi; non è però possibile saperne di più.

Comunque, si tratta di un documento ienamente probante, e di fonte sicura; il funzionario che è stato intervistato per l'Italia settimanale potrà confermare l'esistenza di questi prospetti, e permettere di stabilire che questo è l'unico "parziale" ufficiale sfuggito e sopravvissuto alla decisione di Romita di non far conoscere al pubblico cifre intermedie prima dell'annuncio finale. La sua importanza consiste proprio nel fatto che consente di smentire risolutamente, e in modo inoppugnabile, la tesi che assegna il vantaggio monarchico alla notte dal 3 al 4 giugno. Infatti, esso è riferito a poco più di 3900 sezioni su 35.000, quasi tutte ubicate nell'area repubblicana del Paese, e attribuisce alla Repubblica una maggioranza del 65% circa dei voti (oltre un milione e mezzo, contro circa 800.000).

Dunque, è assolutamente impossibile che intorno alla mezzanotte del 3, e nelle primissime ore del 4, fosse arrivato un nutrito gruppo di voti dall'Italia meridionale (le sezioni scrutinate del Sud, alle 8 del mattino, erano in quantità affatto irrisoria), e, più ancora, che si fosse realizzata una qualsivoglia maggioranza monarchica. Mi si chiederà: ma perchè Lucifero non ha mai pubblicato questo prospetto? E come mai si trova in possesso dell'estensore di queste note? Alla seconda domanda rispondo che me l'ha inviato in copia fedele lo stesso Lucifero, negli anni sessanta, su mia richiesta (mi ero incuriosito di quella omissione).

Quanto alla prima, mi limiterò a ricordare quanto mi disse, nel 1984, il medesimo Avv. Lucifero: egli, avendo attribuito molta maggiore importanza alla lettera che non al prospetto, era preoccupato che il secondo (con la forte maggioranza repubblicana) togliesse valore e significato alle parole con cui il Presidente del Consiglio, sia pure in forma un po' involuta, diceva, in sostanza, di prevedere una vittoria della Monarchia. Lucifero però. dopo che io ho ripetutamente pubblicato il prospetto, non lo ha mai smentito (nè, evidentemente, avrebbe potuto farlo).

Del resto, la sua preoccupazione, a ben vedere, era priva di serio fondamento. La lettera, certamente autentica, non contraddice il prospetto; sia perché essa è stata scritta molto dopo le 8 del mattino, e cioè quando già si conoscevano, sia pure non ufficialmente, dati posteriori che collocavano Monarchia e Repubblica pressapoco su piede di parità (per cui l'invio del prospetto aveva un mero valore retrospettivo), sia perchè De Gasperi, in quel momento, desiderava certamente accattivarsi la parte monarchica (che aveva precedentemente sottovalutato, col risultatodi esporsi dalla parte opposta, e di correre il rischio di venire soppiantato, in caso di vittoria del Re, da cattolici e democristiani monarchici, quali Reggio d'Aci, Dominedò, Jacini, ecc.), sicchè forse esagerava volutamente per mettersi in luce favorevole e screditare invece Romita.

CERTEZZA

8) La combinazione di questi due elementi porta a ritenere con certezza, che verso le 2 del mattino del 5 giugno 1946, a scrutinio pressochè finito e ormai "mescolato", la Monarchia si presentava in netto vantaggio. Orbene, la esperienza elettorale insegna, in modo matematico, che uno scrutinio arrivato a questo punto potrà variare di centesimi di punto, ma non subire una totale inversione. In pratica, il risultato era acquisito in quei termini, e non per nulla Romita si disperava.

9) Giova ricordare che nessuno di coloro che si sono occupati o si occupano della questione ha dato un'impostazione simile a questa. Ciò perchè i documenti sopra illustrati sono di difficile reperimento e pressochè sconosciuti: il libro di Romita, pubblicato 42 anni fa, è introvabile nelle librerie, anche antiquarie (io ho la fortuna di possederlo), mentre il prospetto ministeriale, in originale, è rimasto nell'archivio personale di Lucifero, ed è stato pubblicato solo da me, che l'ho avuto per la ragione spiegata prima. Ma c'è dell'altro.

Deve esistere anche un "taccuino" personale di Giuseppe Romita, ancora inedito, relativo all'anno 1946, dove può essere che sia raccontata, ad uso dei posteri, la verità nei suoi dettagli. Lo deduco dal fatto che i "taccuini" del predetto Romita, pubblicati circa 20-25 anni fa a cura dell'On. Ruggero Puletti (PSDI), iniziano dal 1947, ma contengono un accenno del Puletti, abbastanza ambiguo, al mancato reperimento di quelli relativi al 1946, che peraltro - ad avviso del curatore – potrebbero e dovrebbero essere reperiti, in un secondo tempo, con la collaborazione del figlio Pierluigi. Sembra di capire che i "taccuini" del 1946 abbiano un particolare valore storico, e che la loro pubblicazione, o non pubblicazione, possa avere un prezzo, magari elevato.

Un avvertimento al potere? Nella stessa ottica, potrebbe muoversi anche la singolare trasmissione televisiva di Minoli, su Rai 2, agli inizi del 1990: una "fictio" basata su funzionari ministeriali che sapevano certe cose a proposito del capovolgimento del risultato, e che prima di morire ritenevano giusto confessare quanto avevano fatto. Naturalmente, c'era un finale di smentita, sotto il profilo di rivelazione della finzione; ma la trasmissione fu fatta in modo che gran parte dei telespettatori credette si trattasse di un vero "scoop" giornalistico, e tempestò i giornali e le televisioni di telefonate, quasi a mo' di rivolta nazionale contro la truffa. Personalmente, non credo affatto che la cosa fosse fine a sè stessa: anche qui, può essersi trattato di una specie di segnale mafioso.

IL CAPOVOLGIMENTO

10) Come si è attuato il capovolgimento? Su questo punto, del resto meno importante, si possono fare molte supposizioni. Da parte mia, mi sono soffermato su di una ipotesi di lavoro, che mi è sembrata ragionevole. Bisogna premettere che, in base alla legge elettorale, le rilevazioni dei risultati del referendum doveva avvenire non in sede nazionale centrale, bensì nelle 31 circoscrizioni stabilite ai fini dell'elezione per la Costituente. Gli "uffici centrali circoscrizionali" avevano uno specifico compito referendario: riassumere i voti validi per la Repubblica e per la Monarchia nelle Sezioni della circoscrizione, ricavandone una somma per l'una e per l'altra forma istituzionale; redigere verbale di tale risultato circoscrizionale; trasmettere alla Cassazione detto verbale e tutto il materiale pervenuto dalle sezioni.

La Cassazione aveva la sola funzione di raccogliere i 31 verbali circoscrizionali, e di addizionare i voti della Repubblica e della Monarchia da essi emergenti (la Cassazione, infatti, userà la formula "secondo quanto attestano i verbali"). Il lavoro presso gli uffici centrali circoscrizionali era affidato a funzionari del Ministero della Giustizia, all'epoca diretto da Palmiro Togliatti.

L'ipotesi di lavoro è la seguente: informato da Romita che, secondo le rilevazioni provvisorie compiute dalle Prefetture (e trasmesse al Ministero dell'Interno), la Repubblica aveva perso un certo margine negativo, Togliatti ha incaricato i suoi funzionari presso le sedi circoscrizionali (scelti "ad hoc", e probabilmente predisposti per questa operazione da attuarsi in caso di necessità), di correggere lievemente le sommatorie circoscrizionali (che non erano soggette ad alcun controllo), aumentando le cifre repubblicane in misura modesta localmente – ma grossa sul piano nazionale - senza peraltro alterare di molto la sostanza del risultato locale.

La cosa non presentava difficoltà alcuna, sia perchè non comportava spostamenti di schede, nè altre operazioni complicate, sia perchè, così centellinata, non dava nell'occhio. Se, ad esempio, il vantaggio repubblicano nella circoscrizione di Bologna passava da 400.000 a 500.000 voti, o se quello monarchico a Palermo diminuiva da 400.000 a 300.000, difficilmente qualcuno poteva trovare da ridire. Tanto più che i monarchici erano totalmente privi d'organizzazione.

Così, in 31 circoscrizioni, la votazione repubblicana è lievitata di 2.500.000 voti circa, gonfiando naturalmente, anche il totale dei voti validi e dei votanti. E poichè quest'ultimo totale (quello dei votanti) doveva necessariamente coincidere fra le due votazioni (referendum e Costituente),si è reso necessario ritoccare pure I risultati della Costituente.

FORTI INDIZI

Vi sono forti indizi, di cui si dirà più oltre, che ciò sia avvenuto in due modi distinti: nell'area che chiameremo monarchica (Sud, Isole, Lazio, Abruzzi) con aggiunta di circa 600.000 voti nulli, portando la cifra reale, di circa 400.000, a oltre 1 milione, e nel resto d'Italia (l'area repubblicana) gonfiando i voti dei due partiti di sinistra (PCI e PSIUP), elevati da poco più di 7 milioni a circa 9 milioni.

COMPLICI

11) Per fare impunemente un'operazione del genere, Togliatti e Romita hanno dovuto usufruire di un certo numero di complici necessari.

Da un lato, al Ministero degli Interni, vi erano i funzionari che avevano via via compilato i prospetti (come quello dell'intervista); costoro sapevano che, alla fine delle rilevazioni, la Monarchia era risultata in vantaggio, e li si dovette pagare per il silenzio (cfr. l'intervista, che fornisce anche dettagli). Dall'altro, con maggiore coinvolgimento, c'erano I funzionari del Ministero della Giustizia autori dei "ritocchi": questi avevano ottimi motivi per tacere, nel proprio interesse, e, ad ogni modo, furono coperti da Togliatti, che ne fece come una sua coorte personale di pretoriani, inserita nella Magistratura per impadronirsene e impedire che indagasse sull'accaduto. Si può supporre che a questo gruppo alludesse Minoli nella sua finzione.

TIRANDO LE SOMME

12) Riassumendo, fino a questo punto si sono raggiunti i seguenti risultati: a) si è raggiunta una certezza logica e storica sul fatto che la Monarchia aveva vinto e che l'esito del referendum è stato alterato artificialmente gonfiando la somma dei voti repubblicani in modo da attribuire alla Repubblica un vantaggio di 2 milioni di voti; b) si è formulata una ipotesi attendibile sul modo con cui i risultati sono stati corretti.

Ora, possiamo però integrare quanto sopra con considerazioni statistiche, base su pubblicazioni, a loro volta, praticamente ignote ai più: gli opuscoli dell'Istat, e in particolare quello pubblicato, nel 1948, specificamente con riguardo alle votazioni del 2 giugno 1946.

13) Le prime considerazioni possono prendere le mosse dell'esatta osservazione del Duca d'Aosta, secondo cui bisognerebbe, prima di ogni altra cosa, risalire alla popolazione delle provincie chiamate a votare nel 1946, partendo dall'ultimo censimento ufficiale prima di tale data, e aggiornando le cifre con le variazioni successive statisticamente note. Un lavoro del genere l'aveva fatto, ancora negli anni Quaranta, il Prof. Padoan, il quale in base ad elementi per lo più presuntivi, era arrivato ad una popolazione - sempre, beninteso, per le provincie interessate – di circa 43 milioni di abitanti, il che equivaleva (calcolando, sulla scorta di valutazioni approssimative ma attendibili, che gli aventi diritto al voto, cioè i cittadini di almeno 21 anni di età, costituissero mediamente il 60% circa della popolazione), a 25.800.000 elettori iscritti.

Chi scrive ha potuto, invece, prendere come punto di riferimento non l'ultimo censimento "precedente" al 1946, che si era effettuato nel lontano 1936, ma il primo "successivo" al 1946, svolto il 4 novembre 1951, ossia in epoca abbastanza vicina. Procedendo a ritroso con le variazioni accertate statisticamente (cfr. Annuario Istat 1954, pag. 377), la popolazione in questione risulterebbe, nel 1946 di abitanti 43.466.000.

Tenuto conto, però, di alcuni fattori marginali correttivi, si può ritenere, in modo largamente prudenziale, di indicare una cifra tonda di circa 44 milioni di abitanti, pari (secondo la percentuale statistica accettata comunemente, e adottata da Padoan) a circa 26.400.000 elettori iscritti, nel complesso delle provincie considerate. Sono stato anche in grado di suddividere popolazione ed elettori iscritti per regione, classificando queste ultime in due gruppi: area a maggioranza monarchica (come già detto, Sud, Isole, Lazio e Abruzzi), ed area a maggioranza repubblicana (le altre).

Risultato:

- popolazione nelle aree monarchiche 19.760.000

- popolazione nelle aree repubblicane 24.240.000

                                                         ————

                                                        44.000.000

- elettori iscritti nelle aree monarchiche 11.856.000

- elettori iscritti nelle aree repubblicane 14.544.000

                                                            ————

                                                          26.400.000

Ora, dal compendio statistico Istat del 1948, riferito alla votazione del 2 giugno 1946, gli elettori iscritti appaiono 28.005.000 così suddivisi:

- aree monarchiche 11.382.000

- aree repubblicane 16.623.000

                               ————

                               28.005.000

Vi sono, dunque, 1.605.000 elettori iscritti in più di quelli che vi dovrebbero essere: la percentuale rispetto alla popolazione è del 63,64% anzichè del 60% scientificamente ritenuta normale.

Ma il dettaglio più grave non è questo; è che, mentre nelle aree monarchiche gli elettori iscritti sono addirittura 474.000 di meno di quelli teorici (percentuale sulla popolazione 57,6%), in quelle repubblicane sono addirittura 2.079.000 in più (percentuale 68,16%). Si evidenzia così uno "spostamento" di elettori iscritti di ben 2.553.000 voti (2.079.000 + 474.000).

CONFERMA

14) Una conferma precisa e, direi, insuperabile, dell'esattezza dei nostri calcoli emerge, indirettamente, proprio dalla pubblicazione Istat del 1948 di cui si diceva, la quale, nelle tabelle a pag. 15 (colonna 2, 3 e 19), precisa che, non essendo stati consegnati agli elettori oltre un milione e mezzo di certificati elettorali (emessi ma rimasti giacenti), i certificati elettorali effettivamente in possesso degli elettori erano 26.482.808.

Ciò dimostra che la cifra ufficiale di elettori iscritti non trova riscontro alcuno nella realtà. I certificati elettorali non consegnati corrispondono, quasi alla lettera, alla "gonfiatura" che abbiamo rilevato con altro metodo.

GONFIATURE

15) Questa "gonfiatura", d'altra parte, trova riscontro e spiegazione esauriente nella correlativa "gonfiatura" del numero degli elettori votanti, e dei voti validi, che si è verificata in seguito al noto ritocco del risultato. Infatti, gli elettori votanti, indicati nella già citata pubblicazione in 24.947.187, vanno così suddivisi nelle due areee geografiche: - aree monarchiche 9.834.000 - aree repubblicane 15.113.000 La percentuale sugli iscritti, che complessivamente appare dell'89%, nelle aree monarchiche scende all'86,4%, mentre in quelle repubblicane sale al 90,9%.

Ma se il numero degli iscritti viene riportato alla realtà, abbiamo: - in totale (24.947.000 su 26.400.000) = 94,5% - nelle aree monarchiche (9.834.000 su 11.856.000) = 82,94% - nelle aree repubblicane (15.113.000 contro 14.544.000!) = 103,9% La ipotesi più probabile, perciò, è che la cifra degli iscritti (mai comunicata ufficialmente, di certo a ragion veduta, all'epoca della votazione) sia stata "costruita" successivamente dall'Istat per rendere accettabile la percentuale dei votanti, che, dopo la correzione dei risultati, era diventata paurosamente rivelatrice della correzione stessa. 16) Naturalmente, la manovra è partita, come abbiamo visto, dai "voti validi" del referendum.

Essi sarebbero stati (cfr. Nota pubblicazione Istat) 23.438.143, di cui 12.718.641 alla epubblica e 10.718.502 alla Monarchia. Senonchè, qui torna a galla il prospetto allegato alla lettera di De Gasperi.

Quell'unico "parziale" uscito dal Ministero (e qui torna opportuno ricordare il divieto di Romita, chiaramente finalizzato a non fornire cifre che potessero costituire riferimenti atti a smascherare l'operazione - ritocco, prevista per il caso di necessità) è sufficiente a rappresentare un grave e serio indizio di "gonfiatura" del totale dei voti validi. Infatti, è pressochè elementare dedurre, dai 2.200.000 voti validi circa che erano stati scrutinati in quelle 3.900 sezioni, una proiezione del totale generale su tutte le altre 31.100 sezioni (una semplice proporzione, alla portata di un adolescente). Tale proiezione si attesta intorno ai 21 milioni di voti validi, cioè due milioni e mezzo (la cifra ritorna!) meno di quelli ufficiali.

CORREZIONI ARTIFICIALI

17) Si può pertanto concludere, riguardo al referendum, che sono state apportate artificialmente le seguenti correzioni: a) elettori iscritti da 26.400.000 a 28.005.000, come segue: - nell'area monarchica, riduzione da 11.956.000 a 11.382.000; - nell'area repubblicana, aumento da 14.544.000 a 16.623.000; b) elettori votanti da 22.500.000 a 24.947.187, come segue: - nell'area monarchica, percentuale portata dall' 82,94% all'86,4%; - nell'area repubblicana, percentuale portata dal 103,9& al 90,9% - in totale, percentuale portata dal 94,5% all'89%. c) voti validi da 21.000.000 a 23.437.143, come segue: - a favore della Monarchia, nessuna variazione - a favore della Repubblica, maggiorazione di 2.400.000 voti circa, suddivisa razionalmente fra le 31 circoscrizioni.

In altre parole, il ritocco della sommatoria a favore della Repubblica ha comportato conforme aumento del numero dei votanti, aumento che dava luogo a percentuali impossibili rispetto agli iscritti (nelle aree repubblicane, più votanti che iscritti!), e quindi ha reso necessaria anche l'alterazione dei dati degli iscritti, in modo da ottenere percentuali meno elevate e, al tempo stesso, meno squilibrate fra il Sud e il Nord (cfr. l'aumento degli iscritti al Nord e la contestuale diminuzione al Sud. Significativo che la differenza in più, statisticamente rilevabile, sia sempre di circa 2 milioni e mezzo di voti, e che se ne trovi riscontro concreto e sicuro nei certificati elettorali non consegnati, nell'abnorme cifra di oltre 1.500.000.

RITOCCO DEI RISULTATI

18) Abbiamo accennato al ritocco dei risultati dell'Assemblea Costituente, esso pure necessario per far quadrare il totale degli elettori votanti (tutti i votanti, infatti, ricevevano entrambe le schede, per cui I due totali dovevano per forza di cose coincidere). Vi sono forti indizi sulle modalità di questo ritocco. A) Il primo risiede nello sbilancio esistente nei voti nulli fra le due votazioni: Costituente Referendum area monarchica 1.055.000 531.000 area repubblicana 875.000 979.000

L'anomalia è nell'area monarchica, dove si ritrovano circa 600.000 voti nulli in più per la Costituente, di quelli che si dovrebbero reperire ove il "trend" fosse il medesimo registrato nel resto d'Italia (differenze modeste, con lieve prevalenza di voti nulli nel referendum).

Potrebbe essere accaduto che nell'area monarchica si sia preferito pareggiare il conto dei votanti con l'anonima "gonfiatura" dei voti nulli, che non dava nell'occhio e non avvantaggiava nè danneggiava alcuno. B) Il secondo prende le mosse dal raffronto fra i risultati ottenuti dai partiti di sinistra nelle due elezioni politiche del 2 giugno 1946 e del 18 aprile 1948 (vicinissime fra di loro).

Per rendere omogeneo tale raffronto nonstante le variazioni intervenute nelle agglomerazioni partitiche, ci riferiamo ad un'area "di sinistra" più estesa possibile, in modo da ammortizzare gli effetti di quelle variazioni. E così, valuteremo i risultati: - per il 2 giugno 1946, di PCI, PSIUP, PRI, Partito d'Azione, Concentrazione Democratico-Repubblicana) - per il 18 aprile 1948, del Fronte Democratico Popolare (PCI-PSIUP), di Unità Socialista (scissione del PSIUP) e del PRI (gli altri due partiti erano spariti, assorbiti o dal Fronte o dal PRI).

Ebbene, quello che interessa evidenziare è la profonda variazione intervenuta nell'area repubblicana (intesa nel solito senso). Infatti: - in tutta Italia, l'arco dei partiti suddetti retrocede dal 46% circa al 40% circa; - ma nell'area monarchica esso, addirittura, guadagna il 18 aprile 1948 rispetto al 2 giugno 1946; - mentre nell'area repubblicana ha un vero tracollo, passando dal 56,6% al 47,8%. Il fenomeno, che non trova spiegazioni valide, consente di sospettare con buon fondamento che nell'area repubblicana I partiti di sinistra, il 2 giugno, non avessero in realtà superato il 45-46% e che la correzione li abbia avvantaggiati, attribuendo loro da 1.500.000 a 2.000.000 di voti in più, pari a 45-50 deputati nell'Assemblea Costituente. Beninteso, sono ipotesi di lavoro.

Tuttavia, posto che (anche qui) il "ritocco" vi è stato - perchè non poteva non esservi, per ragioni di quadratura - le anomalieche abbiamo reperito, e che nessuno può contestare,possono essere la "spia esterna" di quanto realmente accadde.

MANCATO CONTROLLO

19) Qual'era il pericolo dell'operazione Togliatti? Uno solo: che, per un motivo qualsiasi, i conteggi circoscrizionali dovessero essere rifatti.

La legge, l'abbiamo visto, non prevedeva nulla del genere. In pratica, tutto era affidato alla dubbia correttezza dei funzionari circoscrizionali. Però, poteva verificarsi l'incidente, il sassolino che inceppava la macchina. E si verificò. Fu il ricorso Selvaggi-Cassandro, imperniato sulla lettera (contradditoria) della legge, la quale, dopo avere prescritto la rilevazione circoscrizionale limitata ai soli voti validi diceva testualmente che sarebbe rimasta vincitrice la forma istituzionale che avesse riportato "la maggioranza degli elettori votanti" (così fissando un "quorum" che costringeva a tenere conto anche dei "voti nulli"), e quindi faceva emergere anche la possibilità ... che nessuna delle due vincesse (senza prevedere cosa si dovesse fare in tal caso!).

Si trattava di un ricorso chiaramente fondato, tant'è vero che nella sua prima seduta (10 giugno) la Cassazione lo accolse implicitamente, avvertendo che in una seconda seduta (18 giugno) avrebbe indicato il totale degli elettori votanti. Ma questo significava, proprio, riaprire tutti i verbali, perchè i "voti nulli" non erano stati rilevati in sede circoscrizionale. Ecco l'incidente, che poteva mandare a monte tutto (e se il Re avesse resistito ...).

Fu per tale ragione che il Governo forzò i tempi e proclamò subito la Repubblica. Per impedire un reale controllo. Infatti, partito il Re, il controllo non si fece. E la prova è data dal fatto che il 18 giugno la Cassazione, contro le conclusioni del P.G., e col voto contrario del Primo Presidente, si guardò bene dall'indicare il totale degli elettori votanti, e, per fare come Ponzio Pilato, scartò il problema respingendo il ricorso Selvaggi-Cassandro con la motivazione che la legge, dicendo "elettori votanti, aveva inteso dire 'voti validi'" (!!)

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