Europa, europa

autore: 
Franco Ceccarelli

In Europa, in Europa! E' il motto che sembra stia conquistando la gran parte degli uomini politici del vecchio continente in quest'ultimo scorcio di millennio.

Chi è già nell'Unione intende fermamente rimanerci, chi non c'è ancora, sta brigando per entrarci (fatte le debite eccezioni). Tutti, comunque, sembrano inseguire l'Europa Unita come panacea dei tanti problemi che angustiano la vita degli euro cittadini.

Eppure su questa ipotesi che sta nascendo all'ombra del futuro "Euro" e dei suoi "eurocents", molte cose sono ancora da chiarire, da sviluppare, da comprendere. Al momento siamo certi che la futura Europa sarà un'"Unione" di Stati, che verranno a cadere tutte le barriere e tutte le frontiere, che vi sarà una sola e, si spera, forte moneta unica, l'Euro appunto.

Tanti altri però sono i punti che dovranno essere chiariti all'opinione pubblica: primo tra tutti quello che interessa il futuro istituzionale della nuova realtà: l'Europa unita avrà una propria Carta costituzionale o continueranno a funzionare quelle dei singoli Stati componenti?

L'Europa Unita sarà repubblica o Monarchia? E sì perchè indubbiamente il problema verrà a proporsi, dal momento che oggi, innegabilmente, l'Europa conta su un numero di Stati a regime monarchico quasi pari a quelli a regime repubblicano. I maligni potrebbero pensare che non convenga, oggi, affrontare il problema per non creare imbarazzi a nessuno (in particolare, forse, a qualche neo-repubblica che sente ancora vicino lo spettro della Monarchia) ma, prima o poi, il nodo verrà al pettine.

Sopite infatti, quasi ovunque, le passioni politiche più estremiste, oggi in Europa vivere in uno Stato a regime Monarchico non desta gli scandali di nessuno. Tramontato il periodo delle monarchie assolute e accertato che ovunque il Sovrano regna ma non governa, sono venute indubbiamente a spuntarsi le maggiori frecce della propaganda repubblicana anche perchè è sotto gli occhi del cittadino del 2000 come, frequentemente, i Regni funzionino meglio delle repubbliche.

E' per questo che si è tentato un parallelismo tra sei Nazioni europee, tre Monarchie e tre repubbliche, di antica e meno antica tradizione unitaria scelte, rispettivamente, nelle aree latina, anglo-sassone e scandinava. Per le Nazioni latine evidentemente il pensiero corre immediatamente a Spagna e Francia; Monarchia parlamentare la prima, repubblica presidenziale la seconda.

Basta aver una pur sommaria conoscenza dell'Europa degli ultimi 25 anni per comprendere come la Spagna sia riuscita, proprio grazie alla fondamentale funzione moderatrice di un Re, ad entrare a pieno titolo nel novero delle Nazioni democratiche e, soprattutto, di quelle con la maggior stabilità politica. Quarant'anni di dittatura, vennero gettati alle spalle con un indolore trapasso alle regole democratiche primariamente per l'azione di giovane Re su cui nessuno, all'epoca, avrebbe scommesso grosse somme.

Da quel momento iniziava il decollo, mai prima conosciuto, di una Nazione antica e giovane contemporaneamente. Nel 1978 oltre l'80% degli Spagnoli approva una nuova costituzione, monarchica e democratica; un sistema elettorale basato sul sistema proporzionale e su di un solido bipolarismo tra un centro-destra popolare e cattolico ed un centro-sinistra laburisteggiante, che garantisce una stabilità ai governi iberici invidiabile ed ammirevole: 4 presidenti del consiglio in 22 anni sono un record che dovrebbe destare l'invidia di noi Italiani che, invece, di governi ne abbiamo, mediamente, uno l'anno dal 1946 in poi. Sono evidenti le positive conseguenze che derivano da tale stabilità: tranquillità negli investimenti, fiducia nello Stato, afflusso di capitali, ridotta conflittualità sindacale.

Anche la Francia è, indubbiamente, un Paese con una notevole stabilità politica ma per arrivare a ciò, ha dovuto attraversare decenni di tribolazioni, sfociate nel richiamo, a furor di popolo, alla fine degli anni '50, di quel vecchio "uomo-forte" che fu il Generale De Gaulle, il quale, non avendo potuto restaurare la Monarchia, come da qualcuno ventilato, volle fare della Francia la più monarchica delle repubbliche europee, creando una costituzione, quella vigente oggi, basata su di un presidente della repubblica con poteri politici immensamente superiori a quelli di qualunque Sovrano regnante oggi in Europa e su un sistema elettorale a doppio turno che, nella migliore delle ipotesi, danneggia una parte delle formazioni politiche concorrenti, specie le minori.

Inoltre deve considerarsi che se la Francia può permettersi il lusso di mantenere tali sistemi elettivi (per non parlare di quando, come oggi, il premier rappresenta una forza politica ed il Presidente è invece espresso da un'altra), lo deve probabilmente al fatto che per 800 anni, proprio i suoi Sovrani hanno costruito la compattezza dello Stato centralizzato che oggi non avverte (Corsica esclusa) fenomeni di tensioni regionalistiche e men che mai indipendendistiche come invece accade in Spagna, Nazione che, proprio per la presenza di un Sovrano ha, invece, potuto conciliare e superare le crisi politiche, anche fortissime, determinate dalle velleità di alcuni gruppi regionali, tesi ad ottenere una completa indipendenza da Madrid ed oggi ridotti ai minimi termini (si pensi alla inaspettata, totale, enorme, partecipazione popolare determinatasi la scorsa estate a seguitodell'uccisione di un amministratore locale da parte del braccio armato dell'Eta.

Un intero popolo, con in testa il Principe Ereditario, ha posto le basi per la fine alla strategia del terrorismo in Spagna). Se per Spagna e Francia ci si è riferiti, per un parallelismo, ad aspetti storico-costituzionali, per Gran Bretagna e Germania, i due Paesi anglo-sassoni, ci si può riferire al radicamento delle istituzioni.

La Gran Bretagna ha superato abbastanza felicemente lo schock per la perdita di un Impero che fu il più vasto del mondo, proprio grazie alla salvaguardia di tradizioni antiche come il Paese, a partire dall'aggiornarsi continuo con i tempi di una costituzione così particolare per cui il Regno Unito è, oggi, un Paese che si regge su regole costituzionali non scritte. Proprio la saldezza delle istituzioni democratiche, basata in buona parte, piaccia o non piaccia, sulla funzione moderatrice della Corona, ha permesso a questo Paese di mantenere uno sviluppo continuo e variegato anche nell'evolversi dei tempi e, soprattutto dei mercati.

Anche in Gran Bretagna indubbiamente i problemi si presentano e, forse, più marcatamente che in altri Paesi. Il sistema elettorale infatti garantisce certo la governabilità ma, per alcuni versi, mancando il doppio turno, è ancora più limitativo per i partiti minori (basti pensare al partito liberal-democratico che con una percentuale di voti alquanto elevata, ha una rappresentanza parlamentare veramente modesta).

Eppure, proprio la saldezza delle tradizioni ha permesso al governo inglese di far sì che la Gran Bretagna potesse essere tra i primi Paesi al mondo ad abolire, ad esempio, il servizio di leva obbligatorio, sapendo che, all'occorrenza, avrebbe potuto contare sempre e comunque, sul sostegno dell'intera popolazione su di un eventuale fronte interno. Inoltre, per la grande considerazione che gli Inglesi hanno delle proprie tradizioni storiche, politiche e culturali, non a caso la Gran Bretagna, prescindendo dai governi che l'hanno guidata in questi anni, è sempre stata la Nazione che ha guardato con più freddezza alla corsa verso l'integrazione, non considerando, molto giustamente, corretto che gli interessi economici passassero sopra tutti gli altri interessi nazionali.

Di contro il Regno Unito è anche la Nazione che, in Europa, ha superato abbastanza bene il problema dell'assimilazione di numerosissimi sudditi ed ex sudditi, anche di colore, e per certi versi è indicativo il pianto di molte persone di colore, a Londra, in occasione della morte della Principessa di Galles. Nasce il parallelo con la Germania attuale.

Che la repubblica Federale sia oggi la maggior potenza industriale d'Europa è fatto innegabile che rende onore alle capacità lavorative, produttive ed imprenditoriali germaniche ma è pur vero che Bonn, oggi, svolge un ruolo primario verso l'integrazione mosso, probabilmente, quasi unicamente da calcoli economici e, solo di conseguenza, politici.La Germania, Paese di recente nascita, rispetto a tante altre Nazioni europee, soffre oggi di tutti gli sconvolgimenti che hanno caratterizzato il suo sviluppo.

Costante ed impetuoso sino allo scoppio della guerra mondiale, difficile e condizionato da troppi fattori politici nel primo dopoguerra, in cui il Paese è ripartito da zero. Ogni volta, nel 1871, nel 1918, nel 1933, nel 1948 e infine nel 1989, il Paese ha dovuto inventare o reinventare le proprie istituzioni. Probabilmente tali precedenti storici hanno lasciato traccia nel Dna del tedesco così che oggi, distaccato dall'evento politico e, forse, non memore favorevolmente di un passato recente, a volte ingombrante, condivide pienamente un impegno europeista teso a considerare primariamente gli interessi e gli aspetti economici di un evento quale la nascita dell'Europa Unita e ciò può, indubbiamente, creare situazioni di attrito, a breve o lungo termine, con quegli Stati che, invece, mantengono profondi legami con le proprie tradizioni.

Un doveroso cenno, infine, a due Nazioni che degnamente rappresentano le popolazioni scandinave, il Regno di Svezia e la repubblica di Finlandia unica Nazione con tale forma istituzionale della regione; Nazione di antica storia e tradizione la prima, di nascita quanto mai recente la seconda, pur in presenza di un mai abbandonato spirito nazionalista basato su una solida compattezza etnica. In entrambi i casi Nazioni di grande tradizione civile e democratica, che non hanno conosciuto alcuna forma di regime autoritario nel corso della loro storia recente. La Svezia è un esempio tipico, quasi da manuale, di conciliazione tra la sussistenza di un regime monarchico e le aspirazioni sociali e politiche.

Un connubio felice tra socialismo e Monarchia che, probabilmente, ha dato i migliori frutti nel nostro secolo. Per di più ciò ha permesso la creazione di un regime parlamentare ampiamente rappresentativo che ha garantito alla grande Nazione scandinava decenni e decenni di completa stabilità sociale e politica, con una quasi costante presenza al governo delle forze di sinistra democratica e che ha permesso a Stoccolma di barcamenarsi felicemente nel gioco delle potenze, grazie anche ai rapporti interdinastici dei Sovrani svedesi con quelli di Danimarca e Norvegia, con la nascita di patti di mutua assistenza tra i tre Paesi, evitando entrambi gli ultimi conflitti mondiali.

Differente il discorso della Finlandia che, raggiunta l'indipendenza alla fine della prima guerra mondiale, con lo sfaldarsi dell'Impero degli Zar, dovette sin da subito barcamenarsi nei rapporti con l'Unione Sovietica da cui, sempre, ebbe o dovette avere rapporti di pseudo dipendenza, anche economica (per essere uno dei maggior patners economici del colosso sovietico). Tale stato di cose si sviluppò ancor di più nel secondo dopoguerra dopo cioè che la Finlandia, suo malgrado, era stata coinvolta e sconfitta nel conflitto contro l'URSS. Dopo infatti la perdita di vasti territori, la giovane Nazione baltica negli anni del secondo dopoguerra conobbe una stagione di effimero benessere proprio per le importanti forniture all'Unione Sovietica da cui si trovò a dipendere per oltre il 50% delle proprie esportazioni.

Di contro dovette rispettare severi limiti di armamento imposti dall'ingombrante vicino, dovette mantenere una rigida posizione di neutralità e, pur conservando un sistema democratico e rappresentativo, visse fino al 1989 all'ombra del gigante russo. Indubbiamente, quindi, due ruoli e due aspetti differenti di vita e sviluppo nei due Stati. Oggi quindi, conclusa questa carrellata monarco-repubblicana, può considerarsi terminato il periodo, come innanzi detto, del tiro al piccione contro i Troni superstiti.

La Monarchia, come sistema democratico istituzionale è accettato e rispettato anche da chi monarchico non è, così come i monarchici accettano le repubbliche che affollano, in particolare, gli Stati del terzo e quarto mondo, che però, evidentemente, non si sono rivelate una panacea per i problemi di quei Paesi. Qualche anno orsono un gruppo monarchico milanese propose che l'Europa unita si ergesse a Monarchia costituzionale con capo il Principe Sovrano del Lichtenstain. Indubbiamente una battuta ma che, con le esperienze della storia recente ed una obiettiva rilettura degli eventi di questo secolo e, in particolare, di questi ultimi decenni, forse non è più tanto peregrina. Il dibattito è aperto.

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