La politica irrazionale

autore: 
Renzo Giraudo Bes

"Appare sempre più difficile valutare le azioni politiche secondo i principi della ragione”. Così comincia uno degli “Sgarbi quotidiani” che Vittorio Sgarbi pubblica sul “Giornale”. Per conto nostro aggiungiamo che è sempre più difficile analizzare una situazione politica che diventa ogni giorno più schizofrenica.

Già da un pezzo all’estero non riescono a capire la politica italiana; adesso però non la capisce più nessuno nemmeno in Italia, anzi, non la capiscono nemmeno quelli che la fanno.

All’interno e all’estero si susseguono avvenimenti che sembrano fatti apposta per rendere difficile il cammino dell’umanità in genere e del popolo italiano in particolare: terremoti, alluvioni, crisi industriali; crisi in Iraq, in Medio Oriente, in Argentina, eccetera. Sono fatti che richiederebbero una guida ferma e sicura, invece a questa ingarbugliata situazione si risponde con iniziative ancora più ingarbugliate, accompagnate da insicurezza e arricchite da gaffes fenomenali.
Non tenteremo di commentare; ci limiteremo ad elencare e non sarà facile nemmeno questo.

Partiamo dalla crisi della Fiat: politici, economisti, sindacalisti e giornalisti sfornano ogni giorno qualche nuova ricetta per rilanciare la grande industria che sta attraversando il periodo peggiore della sua esistenza. Le ricette sono contraddittorie, ma nessuno si pone il vero problema: la Fiat vuole veramente risorgere, oppure vuole scomparire, colonizzata da qualche gruppo straniero? Tutto questo susseguirsi di incontri a tutti i livelli, di proposte, di piani industriali non è per caso una manfrina recitata per illudere la gente che si faccia qualcosa, mentre tutto è già stato deciso nelle segrete stanze? Una manfrina è certamente quella dei sindacati che affrontano la situazione con i vecchi riti, cortei, scioperi, picchetti, per far credere ai lavoratori - le vere vittime della crisi - che li stanno difendendo, mentre invece fanno soltanto dei favori alla proprietà: infatti quando occorre ridurre la produzione perchè il prodotto non si vende non c’è niente di meglio di uno sciopero per ottenere lo scopo senza spendere nulla.
Ma la confusione regna sovrana anche in politica: in Italia le sinistre sono in perenne crisi di identità, di idee e di guida, mentre il Governo non riesce più a valorizzare nemmeno le cose buone che fa, perchè la sua capacità di comunicare sembra essersi perduta per la strada. Per di più il Governo si impegna in una serie di provvedimenti che sembrano essere fatti apposta per dar fiato all’opposizione, che può sfruttarli per far credere che siano presi nell’esclusivo interesse personale del Capo del Governo.

E, mentre i neodemocristiani si agitano per far vedere che ci sono anche loro (ma contano poco o niente) e Alleanza Nazionale si appiattisce ulteriormente sul più supino conformismo, chi detta i programmi di Governo è ormai Bossi, che sa sfruttare con indubbia abilità tutte le occasioni che gli si presentano per favorire la sua parte politica. E’ lui quello che conta più di tutti, quello che detta il programma politico del Governo, quello che impone le sue idee a tutti; è lui che ha fatto inghiottire perfino alla destra il federalismo e la sua anticamera, rappresentata con il termine barbarico e ambiguo di “devolution”, che resterà ambiguo perchè ogni tentativo di fare chiarezza è destinato ad annegare nella gelatina di espressioni nebbiose, che nessuno si sforzerà mai di chiarire e men che meno di discutere.

E confusione c’è anche in campo internazionale. Saddam Hussein, con la sua astuzia levantina, è riuscito ad incastrare l’ingenuo Bush, che vuol fargli la guerra ad ogni costo, ma non è ancora riuscito, almeno nel momento in cui scriviamo, a trovare un pretesto abbastanza credibile dall’opinione pubblica mondiale. Intanto il tempo passa e il Presidente degli Stati Uniti sta perdendo via via i consensi iniziali.

La guerra fra Palestinesi e Israeliani continua cruenta, senza che nessuno riesca a fare qualcosa. Nelle altre zone calde del pianeta, dai Balcani all’Afghanistan la situazione è solo apparentemente tranquilla, grazie all’occupazione da parte di truppe straniere; ma il fuoco cova sotto la cenere e potrebbe divampare in qualunque momento.

Il terrorismo è tutt’altro che sconfitto (solo gli americani possono pensare che lo si sconfigga con i bombardamenti) e impone dei costi enormi per garantire una precaria sicurezza.
Paesi che potrebbero essere ricchi, come l’Argentina e il Brasile, sono immiseriti da una crisi economica così profonda da renderli simili ai Paesi poveri del terzo mondo.

Il panorama, da qualunque parte lo si guardi, è preoccupante e giustifica una serie di domande: siamo di fronte a una crisi del sistema?
La classe politica che domina il mondo è all’altezza della situazione o non è piuttosto l’espressione di concezioni superate, di divisioni (e di retoriche) che forse un tempo avevano un senso, ma che ora non l’hanno più? Le istituzioni che ci governano sono davvero le migliori e le più adatte al momento attuale?
I problemi economici vanno affrontati con nuovi strumenti, che magari non sono ancora stati inventati o dobbiamo continuare l’eterna disputa fra le varie utopie ideate da questo o quel teorico?
Chi saprà rispondere a queste domande aprirà una nuova era per il mondo; ma basterebbe prendere coscienza di questi problemi e tentare di dar loro una soluzione studiando, proponendo, sperimentando per avviare un processo positivo.
Vogliamo provarci?

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