ALLA RICERCA DELLA SOVRANITÀ PERDUTA

autore: 
Maurizio Caterino

LA SOVRANITÀ

Nel diritto costituzionale e nel diritto internazionale la sovranità caratterizza il potere supremo nell’ambito dello Stato e nei rapporti internazionali.

Nei bei tempi andati il termine sovranità derivava da quello di Sovrano, che appunto assommava in sé la pienezza delle prerogative di governo concesse da Dio, secondo il principio paolino “Non est enim Potestas nisi a Deo”. L’esercizio della sovranità esprime pertanto la possibilità di esercitare una piena supremazia nell’ambito di una comunità (popolo) stanziata su un certo territorio, mediante l’organizzazione di uno Stato.

L’aspetto esterno della sovranità riguarda l’indipendenza. Stato sovrano è sinonimo quindi di Stato indipendente, ovvero in posizione di uguaglianza giuridica con gli altri Stati ed in condizione di determinare liberamente le proprie scelte politiche in ogni ambito.

Nonostante quanto solennemente proclamato nell’Art.1 comma 2 della Costituzione repubblicana: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”, l’Italia non può assolutamente ritenere il proprio status perfettamente conforme al predetto comma per le ragioni che seguono.

INTRIGHI INTERNAZIONALI

Innanzitutto le sorti dell’Italia sono da sempre strategicamente legate alla sua peculiare posizione geografica di penisola protesa nel Mar Mediterraneo, di ponte tra l’Europa e l’Africa, tra il Nord e il Sud del mondo, di cerniera tra Occidente e Oriente, in uno scacchiere geopolitico molto complesso e storicamente sempre molto instabile per la convergenza di interessi contrapposti riconducibili a molteplici attori internazionali.

Sin dal 1945 con la fine del Secondo conflitto mondiale si delineò questo aspetto negativo di soggezione a motivo della guerra perduta, da ciò deriva anche l’imposizione del Referendum istituzionale, perché la Monarchia rappresentava un temibile intralcio per gli egemonici disegni dei liberatori/conquistatori.

Non per niente lo stesso Benito Mussolini fu ucciso senza processo e in circostanze davvero oscure, molto probabilmente dagli inglesi perché non volevano che fossero rivelati i motivi veri e reconditi dell’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania (vedi in proposito il famoso carteggio Mussolini-Churchill).

Pertanto ogni qual volta l’Italia tenterà di smarcarsi da questo occhiuto controllo delle Potenze vincitrici scatteranno sempre amare ritorsioni.

In particolar modo quando l’Italia provò a risolvere i suoi problemi in campo energetico fondando l’Eni.
Questo Ente petrolifero, molto potente, seppe introdursi con grande abilità nel mercato dell’oro nero, accaparrandosi cospicui giacimenti in Libia e in molti Paesi orientali e suscitando il disappunto degli oligopoli internazionali (le famose Sette Sorelle).

Non a caso il grande Enrico Mattei, fondatore dell’Eni, morì anch’egli in circostanze alquanto misteriose. Subito dopo arrivò l’epoca della strategia della tensione creata appositamente in una remota cancelleria di qualche nazione amica allo scopo di destabilizzare il nostro Paese, che perseguiva una politica internazionale troppo intraprendente ed autonoma, finalizzata a conquistare i mercati africani ed arabi e per questo infastidiva non poco i suoi malfidati concorrenti ed alleati.
Era l’epoca dell’Iri e delle Partecipazioni Statali con importanti e massicce commesse internazionali, che i nostri Enti parastatali si aggiudicavano con grandissimo successo e tanta malcelata invidia.


Di questo passo si arrivò al delitto Moro, percorrendo i cosiddetti anni di piombo infestati dalle sedicenti Brigate rosse al soldo di qualche nostro affezionatissimo alleato.
Nonostante i tanti processi non si arrivò mai al fondo della verità, né si poteva farlo onde evitare una crisi diplomatica molto pericolosa.

Idem per la strage di Ustica. Del resto sono ancora molto pochi gli storici che si sono cimentati con coraggio ed imparzialità nell’approfondire quel tormentato periodo.

Solo ora, grazie alla scoperta di documenti recentemente desecretati ed a qualche timida testimonianza, essi ci hanno potuto fornire alcuni particolari sbalorditivi ed illuminanti, mentre fa ancora comodo a molti attribuire allo Statista democristiano proditoriamente assassinato progetti politici che non furono mai attuati, ma nemmeno chiariti definitivamente.

DIVORZIO ALL’ITALIANA
Post hoc, ergo propter hoc?

Una cosa è certa dopo il truce delitto Moro, fu varato l’ormai dimenticato divorzio tra il Tesoro e la Banca d’Italia, che cambiò di colpo la politica italiana.
Con tale norma funesta si interruppe definitivamente il vantaggioso meccanismo della sottoscrizione da parte della Banca d’Italia dei titoli del debito pubblico non collocati sul mercato.

In Giappone e in Cina questo sistema è ancora in vigore, senza generare inflazione e senza produrre alcun inconveniente, perché uno Stato che emette la sua valuta, cioè una moneta a corso forzoso in libera fluttuazione sul mercato, ha tutti gli strumenti per stabilire il tasso d’interesse sui suoi titoli di stato.

Tuttavia ciò rappresenta per l’usurocrazia un terribile sacrilegio. Così l’Italia entrò nello Sme, anticamera dell’Euro. E da allora purtroppo il nostro Paese deve sottostare alla volubilità del mercato, che si diverte a far salire i tassi di interesse per incrementare i propri guadagni a nostre spese.

Infatti quella scelta si rivelò folle e tragica.
Il tasso unico di sconto elevatissimo portò il debito pubblico fuori controllo e ci allontanò dagli altri Paesi europei quali la Francia e la Germania, nonostante che il nostro livello tecnologico ed economico fosse, allora, di buona qualità: l’obbiettivo di rovinare un fortissimo concorrente era stato finalmente raggiunto.

Ecco svelata l’arcana origine del debito pubblico italiano. Questa è l’unica vera causa di tutti i nostri guai, il resto sono tutte fandonie, buone per abbindolare i gonzi e gli ignari.
Di lì a poco si giunse alla caduta del Muro di Berlino ed alla indecifrabile, quanto improvvisa e improvvida (per l’Italia), riunificazione Tedesca, che spiazzò tutti.

Tuttavia l’Italia sembrava poco propensa ad aderire alla proposta di una moneta unica che avrebbe favorito unicamente la Germania, che aveva una valuta troppo forte, che le frenava le esportazioni verso il resto dell’Europa.

In effetti la nascita di una moneta europea sarebbe stata esiziale per l’economia manifatturiera italiana di stampo tradizionale ad alta intensità di manodopera, che si reggeva sovente sulle svalutazioni competitive e sulle fluttuazioni del cambio.

LE IDI DI MARZO

Nel marzo 1992, l’allora Ministro degli Interni Scotti, temendo (chissà come e perché?) una serie di attentati contro la democrazia italiana, allertò tutti i prefetti. Degli orribili fattacci purtroppo si verificarono, ma forse non furono affatto gli eventi previsti o immaginati dal Ministero. L’attacco alla democrazia fu assai più subdolo e destabilizzante in un crescendo rossiniano di inquietanti accadimenti.

Nel maggio del 1992, il giudice Giovanni Falcone venne ucciso. Egli stava indagando (guarda caso!) sui flussi di denaro sporco e la pista stava portando a risultati che potevano collegare la malavita organizzata ad inquietanti circuiti finanziari internazionali.

Partì poi nel settembre del 1992 l’attacco speculativo contro la lira e contro altre monete europee da parte di noti magnati della finanza planetaria.

Come se non bastasse nel 1993 per convincere qualcuno arrivarono degli strani attentati simili agli atti terroristici tipici degli anni della strategia della tensione, con lo scopo sempre di spaventare il Paese e di lanciare segnali criptati ai Governanti.
Il 4 maggio 1993, un’autobomba esplose in Via Fauro a Roma, nel quartiere Parioli.

Il 27 maggio un’altra autobomba saltò in aria in Via dei Georgofili a Firenze, cinque persone persero la vita.
La notte tra il 27 e il 28 luglio, con un’autobomba in Via Palestro a Milano, furono uccise altre cinque persone. Guarda caso, gli autori non furono mai scoperti.
Forse non si poteva (o non si doveva?) proprio individuarli.


UN’OMBRA NEL BUIO

Come per incanto scoppiava ex abrupto nello stesso periodo lo scandalo di tangentopoli, una violentissima bufera mediatico-giudiziaria che spazzò via come un tornado impazzito un’intera classe politica, salvando (guarda caso!) solo qualche grigio e codardo portaborse insieme a certi personaggi sinistri e servili che si affrettarono in pochi anni ad effettuare le famigerate privatizzazioni, che trasformarono l’Italia da Paese produttore di tecnologia a Paese produttore di servizi.

A distanza di anni solo pochissimi uomini politici, di infimo livello, furono ritenuti colpevoli e condannati, ma comunque per reati minori e con pene ridotte, mentre paradossalmente il vecchio Pci, sconfitto dalla storia, non veniva neanche lambito dalla ipocrita ed isterica crociata moralistica.


Si era trattato dunque di una colossale mistificazione tesa a realizzare un formidabile golpe incruento. Con l’avvento di questi nuovi, ma non troppo, politicanti, si smantellò l’Iri, si eliminarono con una svendita le Partecipazioni statali, in una parola si cannibalizzò l’economia italiana. Sempre nello stesso periodo si sottoscrisse il pernicioso Trattato di Maastricht preludio dell’Euro e della dissoluzione della sovranità nazionale.
Si abolì inoltre la saggia legge bancaria del 1936 dando campo libero a parassiti, marpioni e speculatori di ogni risma. Tuttavia dopo un po’ a sorpresa saltò fuori un partito, Forza Italia! che tentò in qualche modo di rallentare, a modo suo, questo processo di lenta erosione dei poteri sovrani e di graduale cessione degli ultimi brandelli delle Partecipazioni Statali.

Per questo motivo il suo eccentrico Leader venne messo sulla graticola specialmente in alcuni momenti politici cruciali, fino ad arrivare al redderationem.

In tutti questi avvenimenti, in particolare quelli degli ultimi mesi, ivi compreso l’attacco scandalistico alla Lega (e ad alcune interessanti aziende di stato!), non si può non vedere, per una serie di strane coincidenze, grandi e piccole, una regia occulta, con l’ombra sinistra di un “grande vecchio” che si staglia sullo sfondo e che manovra una “giustizia ad orologeria” per allargare la strada al Quisling di turno. Il tutto a colpi di spread, con l’aiuto dei mercati di capitali e con la complicità della cricca finanziaria eurocratica.

Dietro tutto questo infatti non può non esserci una callida strategia internazionale agevolata da una classe politica nazionale distratta, arrendevole e priva di una spinta ideale e patriottica.

I TARTASSATI

Si badi bene che svendendo il sistema bancario dell’Iri si sono ottenuti per il nostro Paese risultati molto deleteri: 1) la Banca d’Italia da pubblica è diventata privata senza alcun introito da parte dello Stato, con l’effetto paradossale che non si conosce neanche più con certezza e precisione a chi appartengano, a quanto ammontino e dove effettivamente si trovino le riserve auree custodite dalla stessa Banca d’Italia;
2) gli introiti bancari legati ai titoli di Stato non sono più circoscritti nell’ambito pubblico, attraverso le banche pubbliche (che ora sono diventate private), ma a quella privata e purtroppo anche estera, perché il debito pubblico è un grosso affare mondialista.

Praticamente per circa trenta anni il Tesoro ha rimpinguato la rendita finanziaria, ed ora lo Stato italiano si ritrova a dover risolvere il problema del debito semplicemente pagando gran mole di interessi, cioè portando la pressione fiscale a livelli insopportabili e per lunghissimi anni (almeno venti anni!).
Quando ci saremo svenati e non avremo più neanche un centesimo ci accorgeremo, nonostante tutto, che il nostro debito è pure aumentato!

È la tirannide fiscale che si abbatte implacabile sul ceto medio, sui pensionati e sulla classe operaia e che mira a distruggere il tessuto economico dell’Italia.

Ciò non avviene a caso, fa parte sicuramente di un piano prestabilito. In questo modo però si soffoca la parte produttiva e giovane di una nazione che spende, investe, rischia e lavora seppur con poca mercede, e per questo motivo l’economia non è più competitiva, le aziende falliscono, la disoccupazione aumenta a dismisura, lo Stato perde entrate e la società civile muore lentamente per cachessia.

Ma a chi può giovare questa politica anti-italiana? Solo a un ceto finanziario cosmopolita che vuole il Paese ridotto in miseria e alla disperazione per far incetta delle sue ricchezze reali a prezzi stracciati.

Sarà forse questa la vera intenzione della plutocrazia globalista?
In effetti tutto il flusso degli interessi che pesa su chi lavora fluisce in buona parte all’estero e nelle casse delle banche, che non lavorano, ma introitano cedole.

Dunque manco a dirlo, chi letteralmente pasce sulle angustie dei nostri conti pubblici è il settore bancario e finanziario internazionale, perché come tutti sanno sono essenzialmente i colossi bancari ad acquistare i titoli di Stato. E come si può ben comprendere, dipende dai loro capricci il rendimento che questi titoli versano ai loro acquirenti.

Il celeberrimo Spread Btp-Bund è regolato infatti dal mercato, ovvero dalle stesse banche! Semplice ed elementare, no!?

Si tratta di una fortuna sfacciata per gli insaziabili appetiti della finanza. E poiché non c’è mai limite alla loro infame e rapacissima voracità, recentemente la Bce ha regalato moneta fresca alle banche all’1% di interesse.

Con questi capitali le banche hanno subito comprato titoli di Stato (invece che finanziare le imprese), cioè i titoli del debito pubblico, che fruttano intorno al 5%, così possono speculare sulla differenza, con in più la garanzia costituita dal sangue dei tartassatissimi contribuenti.
Perché mai la Bce non finanzia direttamente gli Stati in difficoltà?

Talché anche a un semplice sindaco risulta impossibile persino spendere fondi per le scuole o per altre opere necessarie ed urgenti. Anzi si tende addirittura a criminalizzare la spesa pubblica, sostenendo che è tutta uno spreco, perché in realtà si vorrebbe privatizzare proprio tutto!

Il vero spreco sono invece tutti quei giovani che oggi non lavorano a causa della crisi.

NELLA MORSA DEL DEBITO E IN BALIA DEI MERCATI

È il perverso meccanismo del debito che strangola la nostra economia.
Se lo Stato Italiano avesse invece emesso moneta per finanziare il deficit pubblico, il suo debito sarebbe probabilmente solo il 20% d quello attuale.
Ovvero se lo Stato avesse potuto stampare autonomamente il suo denaro senza pagare l’interesse agli strozzini, avrebbe potuto fare le stesse medesime spese e oggi non avrebbe il cappio stretto intorno al collo.

La moneta, i soldi oggi sono una quantità arbitraria regolata dallo Stato (quando esso però detiene la sovranità!), che la crea a costo zero.
Non c’è nessuna ragione, in questo sistema, per creare moneta sotto forma di debito, su cui lo Stato e le famiglie pagano interessi, che si cumulano su interessi per decine e decine di anni, fino a quando gli stessi interessi finiscono per bruciare il reddito nazionale prodotto, per mezzo delle tasse, che vengono applicate per ripagarli e che aumentano di conseguenza tutti i costi delle famiglie e delle imprese.
Lo Stato deve semplicemente creare ex nihilo abbastanza moneta da consentire ad imprese e famiglie di lavorare, considerate le risorse umane e le tecniche potenziali esistenti.
È ovvio e sottinteso che l’emissione monetaria deve sempre obbedire a criteri virtuosi, ma con il sistema sballato del debito pubblico è molto peggio, perché il mercato diventa il giudice supremo dell’operato economico di tutti, ma solo nell’interesse dell’alta finanza, non del Bene Comune.
È il mercato che sentenzia se un’azione economica è buona oppure no.
Non è assunto a divinità,ma poco ci manca!

CHE FARE?

“Io credo che le istituzioni bancarie siano più pericolose per le nostre libertà di quanto non lo siano gli eserciti permanenti ...
Il potere di emissione deve essere tolto via dalle banche e restituito al popolo, al quale esso appartiene propriamente” (Thomas Jefferson 1743-1826).

Per prima cosa dobbiamo tutti renderci conto che il mercato non è una “entità superiore” ma uno strumento, anzi quasi certamente c’è incompatibilità fra libero mercato e democrazia, perché è evidentissimo che la finanza non tollera affatto la democrazia, perché preferisce di gran lunga i Tecnocrati. Infatti quasi tutti i governi e parlamenti dei Paesi dell’eurozona (eccetto la Germania) sono diventati dei semplici passivi esecutori di ordini!

Tanto premesso in una situazione di crisi di liquidità non si dovrebbero imporre tasse, come invece previsto dal Fiscal compact (o Patto di Bilancio). Tributi, balzelli e gabelle devono servire a normalizzare la liquidità in circolazione, non a rimpinguare le casse statali.

In caso di eccesso di liquidità con pericolo di inflazione da eccedenza di liquidità, benché esista anche l’aumento di prezzi da crisi di liquidità, le tasse devono essere pesanti; mentre in caso di rarefazione monetaria, o crisi di liquidità che dir si voglia, ora come ora, le tasse devono essere molto limitate e contenute.
Lo Stato deve prelevare il denaro dalla circolazione nel momento in cui è troppo, mentre deve creare denaro e immetterlo in circolazione nel momento in cui manca.

Il credito dovrebbe essere una pubblica utilità, dispensato ed organizzato per il bene comune di tutti.
"L’economia deve essere al servizio della gente, e non viceversa” ha recentemente detto l’economista J. Stiglitz in un convegno in Italia, auspicando grandi investimenti pubblici per risolvere la crisi, proprio l’esatto contrario di quello che l’Italia sta facendo.
Purtroppo oggi la moneta e il credito sono diventati prerogativa privata di vampiri bancari e di pirati finanziari, che utilizzano questo sordido sistema a loro comodo per succhiare il sangue della gente.

L’unico radicale rimedio consiste nel tornare alla Moneta di Stato, con la cancellazione del debito (ad esempio la Germania ripudiò il debito nel 1932, la Russia nel 1998) e con l’uscita dall’Euro, perché con l’Euro abbiamo perduto la sovranità nazionale e stiamo subendo un processo di deindustrializzazione e di colonizzazione economica che ci farà regredire dal ruolo di seconda potenza manifatturiera dell’Europa agli ultimi posti.

Occorre smontare subito questa abominevole macina che procede imperterrita a schiacciarci ed a portarci allo sfacelo economico-sociale.

Ecco quanto sostiene in proposito il supermiliardario George Soros: “L’Euro minaccia di distruggere l’Unione Europea e, pur con le migliori intenzioni, i leader stanno conducendo l’Europa verso la distruzione attraverso l’imposizione di regole inappropriate.
L’introduzione dell’Euro ha portato alla divergenza invece che alla convergenza.
I Paesi più fragili dell’Eurozona hanno scoperto di essere in una situazione da Terzo Mondo, come se i loro debiti fossero in valuta straniera, con la conseguenza fatale di un reale rischio di default. Cercare di imporre loro il rispetto di regole che non funzionano rischia solo di peggiorare la situazione. È triste, ma le autorità politiche non lo comprendono”.

Siamo stati tutti europeisti pensando all’Europa della pace e della grande integrazione economico-sociale dei popoli, non all’Impero delle Banche, nemiche dei diritti umani concreti (casa, lavoro, salute, previdenza, istruzione), che hanno immolato l’uomo sull’altare della competitività, del mercato e della concorrenza.
Oggi l’Europa si è data una dottrina sociale basata soltanto sugli interessi particolaristici delle lobbies e della finanza ed ha creato la cultura del denaro per dominare i popoli.
Il Diritto di Battere Moneta deve ritornare agli Stati sovrani come un tempo lo fu dei Principi e dei Re.


Il premio Nobel (2008) Paul R. Krugman definisce questo diritto come il flusso di risorse reali che un governo guadagna quando stampa moneta che spende in beni e servizi.

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