SEMPRE PEGGIO

autore: 
R.V.R.

L’industria italiana è chiaramente in crisi e con il passare del tempo si vanno accentuando due situazioni concomitanti che stanno sempre più affondando l’economia nazionale: la fuga all’estero di imprenditori italiani e la vendita a gruppi stranieri di industrie nostrane.

La chiusura di stabilimenti ed il trasferimento all’estero dell’attività produttiva di troppe industrie nazionali sono determinati dal costo del lavoro (aumentato del 41% dal 1998, quattro volte più della media della zona euro, e nel secondo trimestre 2012 del 2%contro una media Eurozona dello 0,4%) e dalle spese d’esercizio (in primis dell’energia), dalla pressione fiscale, dagli eccessivi incombenti burocratici (per snellire i quali a volte viene fatto ricorso alla corruzione), dalla mancanza di adeguate infrastrutture (trasporti, lentezza della giustizia), da iniziative dei sindacati che anziché incentivare l’occupazione in taluni casi determinano un danno che può giungere alla perdita,per chiusura degli stabilimenti, dei posti di lavoro, ecc.

La strategia del gruppo Fiat che da anni ha trasferito gran parte della produzione in altre Nazioni (tanto che viene da chiedersi quale utilità per la nostra economia possa derivare dalla vendita di autovetture con marchio italiano prodotte all’estero) è stata copiata da troppe altre industrie i cui marchi servono non raramente solo quale specchietto per le allodole per le vendite di merce che di italiano ha unicamente il nome che compare sulle etichette.

Ma i danni di questa pestilenziale situazione non si fermano qui, in quanto molte industrie di pregio italiane vengono acquistate da Società estere (con pericolo, oltre tutto, che possano venir successivamente trasferite oltre frontiera con tutte le conseguenze, compresa la perdita di posti di lavoro).

Valgano per tutti due esempi: la cessione della Parmalat ai francesi e quella della Ducati ai tedeschi dell’Audi.

In questo marasma cosa fanno i sindacati?
Anziché prendere esempio da quelli tedeschi che anni addietro favorirono una riduzione di stipendi e salari che ha poi portato la così risanata Volkswagen oltre che a mantenere i posti di lavoro a premiare i dipendenti con aumenti della retribuzione, si oppongono persino all’accorpamento delle festività con il conseguente sia pur limitato vantaggio che potrebbe derivare alla nostra economia e così anche alla salvezza delle maestranze.


E i politici?

Anche se condividiamo la totale assenza di considerazione reciproca dimostrata dalla serie di insulti che sono soliti rivolgersi, ritenendoci persone civili ed educate ci limitiamo a dire che nella stragrande parte e senza distinzioni sarebbe un bene per l’Italia che alle prossime elezioni andassero ad infoltire il gran numero di esodati e pensionati sociali che, anche per colpa loro, non sanno come campare.

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