FORUM DELLE IDEE: FEDERALISMO-IPERREGIONALISMO

autore: 
Mario Brusasco

Quali motivazioni? Quali prospettive?

Dopo dieci anni di propaganda unilaterale pro federalismo, non v'è chi non sia convinto che i nostri problemi di civiltà derivino non dalla disorganizzazione, dall'incompetenza diffusa, dalla corruzione estesa, dalla confusione di responsabilità, dal prevalere d'interessi particolari, ma dalla necessità che i residenti della tale Regione conquistino la libertà da Roma e che il Governatore della Regione Vattelapesca faccia finalmente sentire alta la propria voce contro l'opprimente potere dello Stato. E' ovvio che se di mal governo si deve trattare, non si fa altro che moltiplicare per venti il problema.

Viene invece più che un sospetto che la ragione della generale corsa al federalismo, si sia scatenata per il poco nobile quanto vano tentativo di accaparrarsi i voti dei leghisti, movimento politico che fonda la propria ragione nel desiderio di non accollare al Nord i presunti oneri determinati dal Sud. Nel processo d'accondiscendenza alle istanze leghiste, pur con la pretesa di renderle accettabili, si ritrova un tratto ignobile dell'homo italicus, poco incline ad affrontare a viso aperto e lealmente l'avversario, puntando sulla propria capacità argomentativa, con l'orgoglio delle proprie idee ed il rispetto per quelle altrui. Col termine Federalismo il dizionario Garzanti indica: "Dottrina politica favorevole alla federazione di più stati e ispirata ad un ideale di pacifica convivenza".

Da ciò e dall'esame della storia si comprende trattarsi di un processo politicoistituzionale attraverso il quale organizzazioni statuali ancora divise promuovano un'aggregazione politica, amministrativa, organizzativa e di comune sentire, di livello superiore. In termini classici, è la volontà pattizia di unirsi: e pluribus unum. Difficile trovare nella storia il processo inverso: ad un plures; solo in Italia, con leggerezza incredibile, si sta proponendo di dividere ciò che andrebbe maggiormente unito. La storia recente ci dà invero un esempio clamoroso e vicino: la Cecoclovacchia. Nel 1993, si divise tout court in Repubblica Ceca e Slovacca, nell'ambito della disgregazione dell'impero sovietico, ma si trattò di separazione totale, nulla a che fare col federalismo.

Per l'Italia si tratta di situazioni diverse. Il federalismo made in Italy ha comportato l'attribuzione d'autonomia decisionale prevalentemente alle Regioni, le quali spesso in disaccordo tra loro e con lo Stato, operano con crescente rivendicazione d'autocontrollo e opposizione ad un coordinamento centrale. Ciò determina un'ulteriore disgregazione politica, culturale, organizzativa ed economica del Paese, cosa di cui non abbiamo assolutamente bisogno, a prescindere dai rischi (ex Ju goslavia insegna). Con la disgregazione, si favoriscono il rimpallo delle responsabilità e la confusione delle medesime, la nascita di poteri politici disomogenei e destabilizzanti, l'avvio di personalismi, localismi e sviluppo d'ambizioni individuali, il tutto ovviamente all'italiana, con creazione di Presidenti, Direttori, Funzionari, Segreterie, Faccendieri, Consulenti, Uffici, Telefoni, Auto, ecc… e spese relative.

E' assolutamente da non sottovalutare l'incremento di costi improduttivi che il Federalismo nostrano va a determinare. Infatti la forma che tutto ra si è trovata per arrivare al massimo soddisfacimento della brama nazionale di Federalismo ha assunto, per il terrore di non fare in tempo, la forma ibrida dell'iperregionalismo, cioè di una forma che nel sacro rispetto del principio della massima espansione di costi, consenta già da subito la famosa autonomia. Vi sono nel mondo Paesi a struttura federale (Argentina, Brasile, Federazione Jugoslava ex Jugoslavia, Germania, Messico, Spagna, Stati Uniti, Svizzera, Unione Indiana) ma tutti vi sono giunti per un processo d'unificazione e comunque i risultati, molto diversi, che tali Paesi pre sentano, fanno ritenere che il sistema non sia di per sè determinante.

Tra i vantaggi che spesso vengono indicati a favore del federalismo, vi sono i seguenti: • Col federalismo si avvicinerebbero i cittadini alla fonte delle spese, aumentandone il controllo. Il punto è risibile, in quanto talvolta non si comprende come si siano sviluppate le spese di un condominio, figuriamoci se da Domodossola il cittadino comune controlla budget e consuntivo realizzati a Torino, da Rimini a Bologna, da Sarno a Napoli. Credo invece che avvicinando potenziali corrotti e corruttori, se ne favorisca l'incontro. • Le risorse locali devono restare in loco. Chiunque abbia un minimo di competenza in materia fiscale sa che gli utili e le perdite si possono entro certi limiti allocare dove meglio si creda, attraverso opportune valutazioni di costi e ricavi infragruppo, per le imprese con più sedi oppure attraverso giri contabili di riallocazione. • Le tradizioni e la cultura locale, anche linguistiche, vanno salvaguardate.

Ciò non ha nulla a che vedere con l'organizzazione politica del Paese, in quanto esse hanno il loro baluardo nella conoscenza e sviluppo della tradizione storica, del costume locale e della cultura territoriale. • Le regioni maggiormente rispecchiano una comunità sociale ed economica omogenea. Non è così: la provincia di Novara gravita sul milanese, Imperia è per alcuni versi più legata al cuneese che non a Genova, le province romagnole rivendicano autonomia dall'Emilia, Giuliani e Friulani hanno tradizioni in parte diverse, ecc…

In sostanza è necessario tutelare le aggregazioni socia li al livello in cui si manifestano. Ciò appare più consolidato nell'organizzazione provinciale, nell'ambito di una grande e solidale unione Nazionale, con un'attenzione prioritaria ai più validi legami e progetti di carattere mondiale. E' evidente che le autonomie locali di tipo amministrativo e organizzativo, vanno assolutamente rispettate, e per quanto possibile rese funzionali, in particolar modo per i Comuni, che per storia, tradizioni e localizzazione, risultano effettivamente nuclei sociali coerenti ed omogenei, mentre è necessario un solo livello amministrativo intermedio, tra essi e lo Stato. Così com'è giusto decentrare a livello locale, ove necessario, ma in modo coordinato e produttivo.

Quindi, non di federalismo ha bisogno l'Italia, ma finalmente di una politica lungimirante, efficiente ed efficace, che valorizzi il merito e non il demerito, che riduca le strutture inutili ed i relativi costi, che tuteli la libertà, sottoposta al superiore interesse generale.

E' ovvio che risorse male impiegate, finiscono per essere sottratte alle esigenze interne ed esterne più necessarie. Circa le prospettive non c'è molto da stare allegri: solo se qualcuno si metterà a fare con competenza i conti dei danni in termini di disgregazione, di sovrapposizioni, di costi aggiuntivi, del federalismoiperregionalismo, potrà iniziare il faticoso cammino a ritroso "e pluribus unum" e ritrovare nell' unità un cammino di progresso. Sono particolarmente grato ai Movimenti Monarchici, che, unici, hanno mostrato apertura al dibattito su temi essenziali alla funzionalità dello Stato.

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