La sindrome del no

autore: 
Renzo Giraudo Bes

Abbiamo già scritto più volte che l’opposizione ha la malattia del “no”: si oppone per principio a tutto quello che dice, fa, o pensa il Governo, qualunque cosa dica, faccia o pensi; e, poichè non è sempre facile capire quello che pensano gli altri, le nostre sinistre provvedono in proprio a pensare quello che potrebbe pensare Berlusconi per poter dire di no a preventivo.

Il guaio è che adesso la sindrome del “no” si va estendendo anche allo schieramento governativo, il che è piuttosto preoccupante. Basta leggere uno dei pochi quotidiani favorevoli alla coalizione di centro-destra per rendersi conto che anche loro dicono di no a tutto quello che viene detto, fatto o pensato in ambienti che a qualunque titolo possono essere sospettati di essere apparentati con le sinistre.

In sostanza il dibattito politico può ormai essere riassunto in poche battute: “Io dico il contrario di quello che hai detto tu” - “Ma io non ho ancora detto niente!” - “Ebbene dico tutto il contrario di quello che tu dirai”. Così ogni discussione si inaridisce e tutto si riduce a una contrapposizione stantìa fra destra e sinistra, secondo concetti ottocenteschi che sopravvivono alla loro stessa morte. Così va a finire che la sinistra lascia alle destre la scelta degli argomenti e la destra a sua volta si fa guidare dalle sinistre, creando tutti insieme un guazzabuglio che si ripiega continuamente su sé stesso, mentre il popolo “sovrano” non ci capisce niente. Sarebbe troppo chiedere alla classe dirigente di sinistra e di destra di discutere con maggiore serietà le questioni che sono sul tappeto e magari di mettere sul tappeto anche quelle questioni che nascondono sotto di esso come fanno le servette infingarde con la spazzatura?

Abbiamo qualche dubbio che governanti e oppositori abbiano la voglia e l’intenzione di farlo. Però qualcuno che potrebbe farlo c’è: noi monarchici. Lo facciamo? Molte volte - confessiamolo - no. Non lo facciamo perchè passiamo troppo tempo in un nostro piccolo mondo chiuso, dove si rimembra, si commemora, si rimpiange e magari si litiga su questioni assurde e dove il mondo esterno è visto solo sotto la lente deformante delle impressioni superficiali o dei sentimenti di simpatia o antipatia verso questo o verso quello. Eppure basterebbe aprirsi un po’ di più verso il mondo esterno per trovare infiniti argomenti nuovi e attuali a favore della nostra battaglia e per dire a noi stessi e agli altri che ci sono molti modi per avvicinarci alla verità e per renderci più responsabili e consapevoli.

Per esempio dobbiamo capire e far capire alla gente che si può essere critici nei confronti del processo di globalizzazione, che uccide la nostra identità, senza per questo intrupparci con i Casarini e gli Agnoletto, con il loro bagaglio di utopie; che si può avere qualche diffidenza verso gli organismi geneticamente modificati e denunciare i grossi e dubbi interessi che vi hanno certe multinazionali senza per questo commettere peccato; che la discussione sui comportamenti della Magistratura nell’inchiesta “mani pulite” non deve necessariamente portarci a trasformare i corrotti della cosiddetta “prima” repubblica in altrettanti angioletti, mondi da ogni peccato, perchè la corruzione c’era, altrochè se c’era, e purtoppo c’è ancora; che personaggi discutibili non devono essere assurti agli onori degli altari politici solo perchè sono stati assolti in sede penale da accuse infondate; che gli Stati Uniti sono nostri alleati, sì, ma che questo non vuol dire che abbiano sempre ragione; e così via.

In parole povere noi monarchici dobbiamo imparare a pensare con la nostra testa, senza sudditanze verso questo o verso quello, senza cadere nel conformismo di moda, senza lasciarci abbindolare - come purtroppo abbiamo fatto più volte in passato - dal “salvatore della Patria” di turno, perchè questa, e solo questa, è la via che ci porterà ad elaborare le idee vincenti. Liberato il campo da quella palla al piede che costituiva l’esilio dei Savoia, possiamo riprendere con energia la nostra azione e dimenticare le sterili nostalgie per affrontare con intelligenza, con coraggio e con coerenza le sfide che ci propone il mondo moderno.

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