STORIE DI ORDINARIA INGIUSTIZIA

autore: 
Massimo Mallucci

Dalle cronache della società liberal progressista, fondata sui diritti dell’uomo, ci giungono notizie straordinarie su quotidiane storie di ordinaria ingiustizia. Secondo, ben inteso, i criteri valutativi,
incardinati in incalliti “reazionari”, per dirla alla Guareschi, come ci consideriamo noi.

Ecco, dunque, che un giudice per le indagini preliminari in una propria ordinanza, peraltro successivamente revocata dal Tribunale del riesame, ha espresso pesanti giudizi su Fabrizio Quattrocchi, l’eroico italiano sequestrato in Iraq e barbaramente ucciso.
Ricorderete la vicenda e la commozione suscitata in tutto il Paese, ben rappresentata dal Capo dello Stato.
Tutto questo non ha intaccato le convinzioni del Magistrato che ha scritto chiaramente che gli ostaggi italiani “erano veri e propri fiancheggiatori delle forze della coalizione”. Secondo il Magistrato questo spiegherebbe “anche se non si giustifica, l’atteggiamento
dei sequestratori nei loro confronti”.
Secondo il Magistrato, Quattrocchi e gli altri “erano sul territorio di quel paese in veste di mercenari ...”.
La famiglia ha espresso dolore e costernazione, invitando il giudice a ricordare le ultime parole pronunciate da Quattrocchi prima di morire.

Il giornalista Ferrara si è rivolto anche al Capo dello Stato per “restituire pienamente l’onore civile a Fabrizio Quattrocchi”. Tutto è finito nel dimenticatoio.
Fare scalpore con giudizi su fatti e persone che, in qualche modo, riguardano le vicende del mondo islamico deve essere una moda che si sta sviluppando nei Tribunali della società liberal progressista, fondata sui diritti dell’uomo.

Due tunisini, appartenenti all’organizzazione estremistica islamica Ansar Al Islam (inserita dal governo USA, dall’ONU e dalla Commissione Europea tra le organizzazioni collegate ad Al Qaeda) sono stati assolti dall’accusa di terrorismo internazionale da un giudice. Erano stati arrestati con l’accusa di essere collegati ad una cellula dell’organizzazione islamica che finanziava e sosteneva strutture paramilitari e di addestramento.
Da parte di uno dei due vi era stata anche l’ammissione di “aver inviato combattenti in Medio Oriente nel 2003” per opporsi “all’attacco americano”.

Aggiungiamo noi che tutto questo serviva, ovviamente, anche per attaccare i nostri Soldati presenti in quel Paese. Eppure per il giudice “gli imputati avevano il compito di aiutare fratelli nelle zone del conflitto sia dal punto di vista economico....sia attraverso l’invio di combattenti ...”.

La preoccupazione del Magistrato è stata quella, in pratica, di filosofeggiare in una sottile distinzione tra guerriglia e terrorismo, sino ad arrivare alla carcerazione dei due, in quanto sanzionare dei guerriglieri determinerebbe “un’ingiustificata presa di posizione per una delle forze in campo”.
Fortunatamente la Procura di Brescia ha riportato un po’ di chiarezza: “ Ansar Al Islam è un’associazione con finalità eversive e di terrorismo...”.

Sulle interpretazioni erronee della norma del giudice milanese e sul suo giudizio che rischia di rappresentare, come sottolineato dalla stampa e da altri Magistrati, una valutazione personale e politica, è caduto il silenzio e tutto è finito nel dimenticatoio.
Se per qualche giudice i guerriglieri possono girare liberamente tra noi, questo è determinato dal fatto, forse, che i cittadini di questa società liberal progressista, fondata sui diritti dell’uomo, sono ormai abituati ad essere in balia di ogni tipo di banditi da strada.

Qualche esempio? Le cronache ci riferiscono di due zingare che, a Lecco, hanno tentato di rapire una neonata. Hanno patteggiato. Sono state subito scarcerate.
La mamma della piccola aveva difeso la bimba, prendendola tra le braccia e sferrando calci alle zingare.
La polizia è intervenuta ed ha fatto il proprio dovere ma per il sistema giudiziario le assalitrici possono circolare libere ed indisturbate.

Vi ricordate la povera Suor Maria Mainetti, barbaramente
uccisa. Le sue assassine potrebbero avanzare richiesta per sostituire la detenzione carceraria con una misura alternativa, come, ad esempio, lavorare e vivere in una comunità.
Questo accade a poco più di quattro anni dal fattaccio. Già dal luglio scorso ha abbandonato il carcere la terza ragazza che “in nome di satana” partecipò al massacro della religiosa.
Il sistema giudiziario della società liberal progressista, fondata sui diritti dell’uomo, ci fa sapere che massacrare e uccidere la fidanzata può, al massimo, costare all’assassino 16 anni.
E’ accaduto all’omicida della povera Alenja Bortolotto che era stata uccisa a coltellate il 20 luglio 2002.
L’iniziale pena a 30 anni è stata dimezzata, infatti, in
appello.
Stupefacente il commento dell’Avv. Raffaele Della Valle, difensore dell’assasino. Dopo aver spiegato che “la pena poteva scendere anche sotto i 10 anni”, per calcoli e controcalcoli tra attenuanti ed aggravanti, sconti vari e rito speciale, dichiara di capire “il dolore dei genitori
di Alenja” e di rispettarlo ma afferma:”Questa è la legge.
Si vuole la pena di morte? Si voti. Se no si taccia...

Queste sono le regole e il loro rispetto è il rispetto
della democrazia”.
Poichè l’Avv. Della Valle è stato deputato per Forza Italia, occorrerebbe sapere che cosa ha fatto, durante il suo mandato, per modificare questo stato di cose.
Nel Varesotto un pregiudicato ha sparato all’impazzata in un bar, uccidendo tre donne. Poi si è tolto la vita ma la strage rimane. Piangono i familiari delle vittime e iniziano a capire qualcosa del sistema giudiziario che aveva concesso al pazzo omicida gli arresti domiciliari.

Si dispera il marito di una delle vittime, ricordando che l’assassino “era un pluripregiudicato e, per giunta, uno squilibrato”, eppure gli è stato concesso di circolare libero.

Altra pagina poco piacevole è quella di Omar ed Erica, due ragazzi di 17 anni, che hanno massacrato a coltellate la mamma e il fratellino di lei. Due vite perdute, forse la conseguenza di simboli e punti di riferimento sbagliati.
I costruttori del consenso della società liberal progressista, fondata sui diritti dell’uomo, ne potrebbero sapere qualche cosa.
Ora i giornali ci annunciano trionfanti che Omar sarebbe cambiato e che la brutta vicenda sarebbe colpa della droga. La conseguenza potrebbe essere un permesso premio, dato che dal giorno del delitto, avvenuto il 21 febbraio 2001, ha già scontato una buona parte della pena.

In parole povere: fuori dal carcere e attività di volontariato.
Giustizia sommaria, invece, a Napoli da parte della camorra. I killer del boss uccidono un pregiudicato, scarcerato dai giudici per mancanza di indizi. Forse sarebbe stato meglio se fosse rimasto in galera.

Vi ricordate la povera Desireé. La ragazzina quattordicenne di Leno nel Bresciano, massacrata, violentata e uccisa, praticamente sgozzata senza pietà da un gruppo di delinquenti?
Ebbene uno dei ragazzi che l’hanno assassinata potrebbe presto uscire dal carcere ed entrare in una comunità per scontare il resto della pena. La famiglia della giovane vittima è sconvolta ma non fa notizia. Nella società liberal progressista, fondata sui diritti dell’uomo, i parenti delle vittime non contano.
La ragazza era stata abbandonata moribonda in una cascina. I Carabinieri sono stati meravigliosi nelle
ricerche e nell’individuare i colpevoli che, però, sono stati condannati ad appena 18 anni (un certo Nico), a 16 anni (un certo Nicola) e il più giovane del gruppo a 10 anni. Tanto vale la vita di una ragazza.
Sono le leggi? Cambiatele!

Che dire dei due individui di Palermo che, a causa di un tamponamento, hanno ucciso un uomo a pugni? Sono stati scarcerati dopo 4 mesi. Hanno avuto l’ardire di offrire denaro alla vedova che, con grande dignità l’ha rifiutato, esclamando: “Mi indigna che siano tornati liberi”.
Eppure il GIP di Palermo ha revocato la custodia cautelare per tali Salvatore e Natale, padre e figlio.
Non dimentichiamo che la concezione risarcitoria della
pena, nel senso che tutto viene ridotto a pagare il danno, è molto cara alla società liberal progressista, fondata sui diritti dell’uomo.

Vi è ancora, però, chi ha dignità e si ribella a certe
imposizioni.
A Genova un albanese di 18 anni è stato arrestato, perchè accusato di aver violentato una quattordicenne in un locale da ballo, in orario pomeridiano.
L’individuo, dopo il fattaccio, era tornato tranquillamente sulla pista da ballo.
La ragazzina era stata trovata sanguinante nei bagni della discoteca e lo straniero era stato subito tratto in arresto dai poliziotti che hanno fatto il loro dovere.
Ora un GIP lo ha fatto uscire dal carcere e l’individuo si trova agli arresti domiciliari. Esterrefatta la famiglia. “Arresti domiciliari scandalosi” è il commento che in città passa di bocca in bocca.
Interviene Don Gallo che, riaffermando il fatto di vivere in uno Stato di diritto, si è scagliato contro la “coercizione”.
Questo individuo, che fa il prete a Genova, senza alcun richiamo da parte della Curia, per il quale versiamo l’otto per mille, ha avuto il coraggio di rivolgersi alla famiglia della giovane vittima affermando che, sì che “bisogna stare loro vicini ... ma anche loro devono capire che non è la coercizione per l’albanese l’unica soluzione”.

Che diamine viviamo o no in una società liberal progressista, fondata sui diritti dell’uomo?
Il Ministro della Giustizia afferma che “certi giudici sono lontani dal sentire della gente”. Siamo d’accordo con lui ma è il sistema giudiziario e le leggi che debbono essere riformati, in modo da dare ai Magistrati
strumenti e parametri ben precisi, entro i quali muoversi, senza lasciar estemporanee discrezionalità.

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