GOVERNO DA DIS(FARE)

autore: 
Gianmarco Cerotto

LA MAGGIORANZA APPROVA ALLA CAMERA DEI DEPUTATI IL DECRETO GELMINI

Ormai si è perso il conto dei danni inflitti al Paese: il sistema Italia è un ingranaggio votato al suicidio che sembra avere un gusto macabro nel distruggere tutto ciò che, di regola, concede stabilità al tessuto sociale e mantiene alti i principi fondamentali su cui poggia uno Stato moderno e democratico.

Le macerie di Pompei non sono altro che una triste metafora del momento storico che stiamo vivendo; il baratro entro cui l’incapacità e la corruzione della classe dirigente ci sta portando è sempre più profondo e chi ne sconta le conseguenze sono i cittadini, molto lontani dal poter realizzare un futuro dignitoso.

Il destino delle strutture preposte all’insegnamento si tinge di un grigio incerto: si attende soltanto il colpo finale ad una realtà da tempo oppressa.
Non è certo un segreto che la cultura nel nostro Paese è un valore opzionale; ciò è confermato dall’approvazione alla Camera dei Deputati del decreto Gelmini con 307 voti a favore, 252 contrari e 7 astenuti.

Ancora una volta il governo si è dimostrato quanto mai lontano dalle reali esigenze di chi le realtà le vive dall’interno.

In tutta Italia si sono registrate proteste studentesche; in una nota dell’Unione degli Universitari la situazione è così riassunta: “con questo disegno di legge il governo vuole l’eutanasia del sistema universitario.

Sistema, che noi per primi da anni diciamo che non va, ma questa riforma non è la medicina, ma il suo veleno mortale.

Questa è una riforma che taglia il fondo per le borse di studio, introduce un’idea di merito finta, diminuisce drasticamente la rappresentanza studentesca, elimina la figura del ricercatore e soprattutto taglia il finanziamento al fondo di finanziamento ordinario.Tagli che decreteranno la chiusura di
molti atenei”.

I centri urbani coinvolti nelle proteste, con il conseguente disagio alla viabilità e all’utilizzo dei mezzi pubblici, sono stati molteplici: tra questi troviamo Roma, in cui sono stati occupati i binari della stazione Termini; Milano dove si sono registrati blocchi e lanci di uova e l’occupazione temporanea delle stazioni ferroviarie Cadorna e Garibaldi, oltre ad alcuni scontri tra manifestanti e polizia in via dell’Orso; Brescia con tafferugli tra studenti e Forze dell’ordine in Piazza della Loggia dove i manifestanti hanno cercato di entrare nel palazzo comunale: dai ragazzi sono partiti lanci di bottiglie contro gli agenti che, a loro volta, hanno fatto ricorso al manganello, un giovane è stato fermato; a Pisa un corteo di circa cinquemila studenti ha bloccato nel tardo pomeriggio il casello di ingresso sull’A12; a Palermo, gli studenti di Lettere e Filosofia e Scienze hanno occupato la Cattedrale; a Napoli quindicimila studenti, riuniti in corteo, sono partiti da Piazza del Gesù diretti alla sede della Confindustria che, come più volte è stato ribadito da alcuni giovani impegnati nelle proteste, è ritenuta “il mandante” di questa tragica riforma oggetto di lanci di uova e sacchetti di immondizia che, per una volta, hanno avuto ragione di essere nelle strade della città.

I sacchetti dell’immondizia sono nuovamente protagonisti dinnanzi al Palazzo della Provincia di Napoli; sono stati inoltre occupati Castel dell’Ovo e la Facoltà di Lettere e Filosofia.

Tra i punti maggiormente spinosi e più contestati della riforma vi è l’entrata dei privati nell’Università.

Il Consiglio d’amministrazione, caricato dei compiti di programmazione, delle spese e delle assunzioni, non sarà elettivo e avrà il 40% di membri esterni; inoltre, al posto del direttore amministrativo, verrà istituita la figura del direttore generale con reali compiti di manager…

Per non parlare della svalutazione della cultura nelle strutture d’insegnamento primarie e secondarie.

La Gelmini, nella difesa del suo decreto, batte sempre sul tasto degli sprechi e delle spese eccessive ma i “dati Ocse” delineano uno scenario differente: mentre la media delle principali economie mondiali investe il 5,8% del Pil nel proprio sistema scolastico, in Italia questa percentuale scende al 4,7%.

Se tra il 1995 e il 2005 gli investimenti nella scuola nel resto dell’Europa sono aumentati del 41%, in Italia l’incremento è rimasto al 12%.


Resta il fatto, in ultima analisi, che le occupazioni, tra le forme di protesta, minano dall’interno il funzionamento delle strutture; infatti, bloccando i corsi, non si fa altro che svilire quel che resta della dignità culturale.

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