C'E' QUALCOSA CHE NON VA

autore: 
Gabriele Maspero

Attualmente nelle istituzioni c'è qualcosa che non va. Sembra proprio che nell'operato dei sindaci dei nostri paesi, nella colorata campagna elettorale dei candidati ai seggi parlamentari e persino nel quotidiano lavorio dei capi di ministeri manchi davvero qualcosa.

Alcuni polemisti parlano di una signorilità che non c'è più, di buone maniere che giornalmente vanno scomparendo dalle tribune politiche, di mera cafonaggine che dilaga.

Altri invece accusano i pubblici amministratori di faticare esclusivamente per il proprio tornaconto, di non badare più alla collettività, di sfruttare le cariche istituzionali per ingrassare la famiglia e gli amici. Stringi stringi, però, solamente i più criticoni degli osservatori intuiscono il nocciolo della questione: il fatto, cioè, che lo Stato di oggi è una struttura senza senso.

Effettivamente le istituzioni italiane, europee e pure extracomunitarie del 2001 non conservano un autentico significato. Il sindaco si siede in municipio per gongolarsi davanti ai suoi compaesani, l'assessore per poter cenare con qualche importante notaio o commercialista, il consigliere per apparire sui gazzettini locali tutte le volte che decide di aprire bocca.

Di certo questi non hanno un punto di riferimento preciso, un obiettivo ideale, un motivo sostanziale del loro mandato. Viceversa ci sono i parlamentari, un gruppo di gentiluomini che stanno nelle capitali a pigiare i pulsanti elettronici per fare le leggi: al posto di seguire coerentemente un'idea, però, questi approvano commi su commi a seconda delle convenienze, dei benefici e degli interessi individuali. Infine, tanto per chiudere una lista in realtà bislunga, si potrebbero citare i leader dei dicasteri che ordinariamente innaffiano le Nazioni con il denaro pubblico e i posti di lavoro statali secondo criteri pienamente privati o calcolati.

Che desolazione: la politica come servizio non la si vede più da un sacco di tempo. Il tipico obiettivo delle istituzioni dacchè il mondo le ha inventate, ossia il bene comune, è purtroppo rimasto sigillato in un cassetto di qualche scrittoio del settecento.

In quell'epoca, così come lo dimostrarono in secoli di governo cristiano i Reali di Sardegna e i tanti altri Capi di Stato, le istituzioni avevano delle finalità chiare, trasparenti, manifeste: in quel tempo la struttura statale veniva costruita mattone sopra mattone per reggere le comunità nel nome di Cristo, e dunque per il bene dei popoli.

Ciò non significa che i Savoia, i Borbone, gli Asburgo od altri signori al potere non fecero degli errori grossolani: li fecero eccome, magari scivolando proprio là dove avrebbero potuto dimostrare un po' di talento e di carisma.

Il punto è invece un altro: ossia che negli ultimi due secoli il senso originario delle istituzioni è stato variamente scambiato con delle etichette culturali chiamate Liberalismo, Socialismo o Fascismo a seconda delle mode; e adesso, purtroppo, quelle stesse finalità ideologiche delle organizzazioni politiche ottonovecentesche sono state abbandonate preferendo il vuoto più totale.

Proprio così: oggigiorno si è abbandonato qualsiasi significato della politica approvando e sollecitando il carrierismo puro e semplice; si è praticamente promossa la rincorsa sconsiderata alla poltrona e si è invece abbandonato il senso dello Stato.

Ecco allora la differenza tra un Regno di Sardegna e una repubblica italiana, tra un Regno di Boemia e una repubblica ceca, tra un qualsiasi antico Stato europeo ed una qualsivoglia istituzione odierna: per i primi c'era insomma un perché, per questi ultimi no.

E al signor cittadino della Brianza che quotidianamente china la testa sull'aratro o sul computer per lavorare, uno Stato così non serve a nulla.

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