POLO NORD

autore: 
Roberto Nasi

Occorre riconoscere al popolare presentatore Mike Bongiorno, la sensibilità dimostrata nel ricordare l'impresa del Duca degli Abruzzi, programmando di rinnovare l'impegnativo percorso per il raggiungimento del Polo Nord, unitamente al nipote del grande Principe sabaudo, il Duca d'Aosta Amedeo con il figlio Aimone Duca delle Puglie.

Ovviamente l'attuale iniziativa non è raffrontabile a quella rievocata, in quanto viene effettuata con mezzi, conoscenze e tecnologie all'epoca sconosciute, su un percorso di 110 Km a fronte delle 600 miglia allora necessarie per raggiungere la meta.

L'ansia di conquistare l'ultima Tule aveva coinvolto tutti i popoli del vecchio continente sul finire del XIX secolo, ed anche l'Italia, raggiunta recentemente l'unità politica, concorse con i suoi scienziati e esploratori alla scoperta delle terre ancora sconosciute nei vari continenti.

Un grande impegno in questo senso profuse Luigi di Savoia, Duca degli Abruzzi, che per il prestigio del nome e le indubbie qualità di marinaio seppe ottenere in sede politica i sostegni necessari per la organizzazione delle sue numerose esplorazioni.

Già il 31 luglio 1897 aveva conquistato i 5000 mt. Del Sant'Elia in Alaska; ma il richiamo più prepotente veniva dalla scoperta del Polo Nord, di cui allora non si sapeva neppure se era terra ferma o mare ghiacciato, a cui maggiormente si era avvicinato nel 1896 Nansen alla latitudine 86° N. Anzitutto si trattò di individuare il mezzo di approccio. Fu scelto il Brik Jason, opportunamente riallestito, che ribattezzato “Stella Polare” lasciò nel luglio 1899 il Capo Flora portandosi a svernare nella baia di Tepliz a 81° N, nell'arcipelago di Francesco Giuseppe. I primi mesi del 1900 furono dedicati a perfezionare la messa a punto dei mezzi e agli allenamenti per compiere il gran balzo verso nord.

Durante una di queste esercitazioni, con temperatura a -35°, il Duca degli Abruzzi fu colpito da un grave congelamento alle estremità delle dita, che ne richiese l'amputazione. A seguito di tale menomazione che ne impediva l'efficienza, pur con molto rammarico, il 15 gennaio dovette disporre l'assunzione del comando della spedizione da parte del Capitano di corvetta Umberto Cagni, di Asti, comandante in seconda e già incaricato delle rilevazioni scientifiche.

Dalla base nell'arcipelago di Francesco Giuseppe partivano, l'11 marzo 1900, 13 slitte ognuna con un carico di circa 255 Kg., trainate da 104 cani e armate da tre equipaggi per un totale di 10 uomini. Il polo si trovava a 600 miglia, e il metodo originale messo a punto per superare tale distanza stava nell'aver ideato una specie di navetta, per cui dopo 12 giorni di marcia rientrava la prima pattuglia, che aveva nel frattempo garantito i rifornimenti per il resto della spedizione. Dopo 20 giorni ritornava la seconda pattuglia così che la terza, di 5 slitte con 49 cani, formata dal Comandante Cagni, dalle due guide aostane Pettigax e Fenoillet e dal marinaio Canepa, avesse il massimo dei rifornimenti per l'ultimo balzo.

La marcia verso Nord proseguì secondo i piani nel terribile ambiente polare, con temperature fino a meno 52° sulla base di una percorrenza media di 12- 15 Km. al giorno.

Dopo oltre 40 giorni di marcia, superato ormai il record di Nansen, e giunti a 86° 34' N, il Comandante Cagni dovè prendere la drammatica decisione del ritorno, dato che le razioni si eran ridotte a garantire solo più 30 giorni di sopravvivenza. Spiegata la Bandiera nazionale fu lasciato in un contenitore metallico il seguente messaggio: “25 aprile 1900. Latitudine 86°34' N, Long. 68° Est Green.

Giunto a questo estremo limite Nord, incomincio la marcia di ritorno con 30 giorni di viveri, 200 razione di pemmican, quattro slitte e 34 cani con 300 razioni. Tutti in ottima salute. Cagni”. Penosissimo il ritorno durato 58 giorni, a causa delle difficoltà nascenti dall'avanzare della primavera, che sciogliendo i ghiacci costringeva la spedizione a risolvere continui problemi di attraversamento di crepacci e canali, ed a dover combattere l'effetto della deriva del pack.

Intanto i viveri scemavano, tanto che negli ultimi tre giorni erano avanzate solo alcune razioni di pemmican, ed i cani erano ridotti a rosicchiare le ossa di quelli abbattuti per l'inedia. Supremo il momento del ricongiungimento con l'equipaggio della Stella Polare il 23 giugno, rattristato dalla notizia della scomparsa nei ghiacci della prima pattuglia.

Enorme risonanza ebbe nel mondo dell'epoca l'esito dell'impresa che contribuì a completare le conoscenze scientifiche di quella parte del mondo ancora così misteriosa. questa non fu l'ultima impresa del Duca, che successivamente fece ancora sventolare il Tricolore nazionale sulle inesplorate vette del Ruwenzori, nell'Africa australe e sul Karakorum.

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