IL RE

autore: 
Roberto Vittucci Righini

Il 18 marzo 1983 scompariva dopo non breve malattia affrontata con cristiana rassegnazione e totale dignità la persona che per la grande maggioranza degli attuali monarchici italiani, ha incarnato la figura del Re.
Salito al trono a seguito dell’abdicazione, il mattino del 9 maggio 1946, di Re Vittorio Emanuele III, Umberto II è stato per me e per tanti altri che hanno avuto l’onore di incontrarLo o anche solo di conoscerLo tramite i giornali o la televisione, semplicemente “il Re”.

Un grande Re del quale repubblicani truffaldini privarono tutti gli Italiani tramite un referendum manipolato e dall’esito falsato.

Ho avuto l’onore di incontrare numerose volte il Sovrano in Francia con i miei genitori e mio fratello Giancarlo, oppure con gruppi di monarchici o di militari che si recavano a rendergli visita, e anche da solo a Cascais, e conservo vivo il ricordo di ogni incontro.
Con gli iscritti al Partito monarchico ci recavamo in visita al Sovrano mediamente una volta all’anno il più delle volte a Beaulieu o a Cap Ferrat in Francia; quale Dirigente avevo l’incarico di presentare gli iscritti al Re che si soffermava con tutti, informandosi della famiglia, del lavoro, degli studi e via dicendo, dando a ciascuno la consapevolezza di non essere solo un numero, bensì una persona della quale il Re si era interessato.
Dotato di memoria prodigiosa Re Umberto riconosceva le persone a distanza di anni dalla visita precedente e molte volte l’ho sentito riprendere con loro il dialogo, come se fossero trascorsi solo pochi minuti, informandosi su particolari della loro vita dei quali si ricordava.

I miei rapporti con il Re si intensificarono negli anni dal 1967 all’inizio del 1972, allorchè, facendo parte della Direzione Nazionale del Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica - P.D.I.U.M. venni incaricato, quale suo Membro che risiedeva più vicino ai luoghi nei quali il Sovrano riceveva, di riferirgli a voce notizie del Partito.
Durante le visite di gruppo chiedevo pertanto al Gentiluomo che introduceva nel salone nel quale si trovava il Re, di poterGli parlare in privato e da solo, e relazionavo quindi al Sovrano che si spostava, per sentirmi, in un angolo appartato dello stesso locale, oppure in altra camera.

A volte il Re mi stava solo a sentire, altre volte mi incaricava di riferire risposte; ricordo in particolare un incontro durante il quale riferii una notizia che il Re non gradì e per un attimo mi rivolse uno sguardo duro e imperioso, nel quale era condensata la storia millenaria di comando e di potere di Casa Savoia.
Dopo le ferie del 1971 allorchè erano state gettate le basi per il suicidio del P.D.I.U.M. nel Movimento Sociale Italiano, la Direzione Nazionale decise che l’On. Covelli si recasse dal Re a Cascais ed io dal Principe Vittorio Emanuele a Ginevra, per riferire e apprenderne il pensiero, cosa che abbiamo fatto.

La Direzione Nazionale del Partito si riuniva mediamente ogni tre sabati in Roma e così nella riunione successiva sia l’On. Covelli che io abbiamo riferito dei pareri contrari alla scomparsa del Partito monarchico espressi dal Sovrano e dal Principe.
Il Re aveva anche avanzato un suggerimento per sanare il debito del Partito, che però non venne condiviso e accolto dalla maggior parte della Direzione Nazionale per la quale la scomparsa del Partito era già stata decisa, con altresì soddisfacente sistemazione personale di alcuni.

Il Re nell’incontro con l’On. Covelli gli aveva anche conferito il mandato di incaricare me (del quale evidentemente si fidava dopo i numerosi contatti avuti) di portare a voce un messaggio riservato e personale al Principe Vittorio Emanuele, cosa che provvidi a fare tornando a Ginevra; nell’occasione il Principe mi donò il facsimile di uno dei lingotti d’oro fino al 999,8%, del peso di 14,295 oncie, conservati a Fort Knox negli Stati Uniti, lingotto in metallo vile laminato d’oro che teneva sulla sua scrivania e che conservo tra altri ricordi di Casa Savoia, prima fra tutti la stupenda (e invidiatissima) serie di bottoni in argento con lo Stemma della Casa Reale che il Sovrano mi donò nell’aprile 1980 accompagnata da lettera con la quale, unico privilegiato in Italia, venni da Lui autorizzato a usare su giacche.
Il Partito Monarchico, come è noto, scomparve poi a seguito del V Congresso Nazionale tenuto al Palazzo dell’Eur in Roma dal 25 al 27 febbraio 1972 ma constatata l’ineluttabilità dell’evento stante la maggioranza favorevole dei congressisti, per non partecipare al suicidio del Partito, il 26 febbraio la sua corrente interna “Alleanza Monarchica”, che si era formata alcuni mesi prima nell’intento di opporsi a tale ingloriosa fine, si staccò costituendosi in Movimento politico autonomo, della cui nascita venne data a mezzo telegramma immediata comunicazione al Sovrano.

Re Umberto fece rispondere ai firmatari del telegramma il 6 marzo 1972 dal Ministro della Real Casa, Cav. Falcone Lucifero, ringraziando e comunicando di essere a noi “unito nei più fausti auspici per l’Italia”. Ed è proprio per l’Italia oltre che per la Monarchia che, in rispetto al volere del Re “L’Italia innanzi tutto!”, Alleanza Monarchica si batte ormai da più di trent’anni.
Mi preme aggiungere che il 5 marzo 1983, allorchè il Sovrano si stava spegnendo a seguito di malattia alle ossa (che non gli aveva impedito, pur tra gravi sofferenze, di stringere per anni migliaia di mani dei monarchici che gli rendevano omaggio) in compagnia dell’Avv. Giulia Prunas Tola e del Dr. Antonello De Marco mi sono recato a Ginevra presso l’Ospedale ove era ricoverato.

Nell’impossibilità di visitare il Sovrano, nell’occasione abbiamo incontrato il Principe Vittorio Emanuele, il Principino Emanuele Filiberto ed il Conte Luigi Solaro di Monasterolo, Capo della Casa civile di Sua Maestà, consegnando al Principe la riproduzione fotografica a grandezza naturale, a colori, dell’Ex Voto che l’allora Principe di Piemonte aveva dedicato alla Madonna della Consolata in Torino, per grazia ricevuta in occasione del fallito attentato del 25 ottobre 1929 in Bruxelles.
Sono ormai trascorsi vent’anni dalla dipartita del Re, ma i ricordi permangono nitidi in un con la riconoscenza ed il rimpianto verso chi tanto ha amato la Sua e nostra Patria, venendo impedito a morirvi da meschini politici, alcuni dei quali, ma troppo pochi, poi condannati per interessi personali da tangenti.

Rapporti di gran lunga inferiori e quasi inesistenti ho, invece, avuto con S.M. la Regina Maria Josè, scomparsa nel gennaio 2001, che incontrai per la prima volta all’Hotel Intercontinental di Ginevra il 31 ottobre 1971 al ricevimento in occasione delle nozze del Principe Vittorio Emanuele.

Convocato dal Colonnello Callegarini feci parte del gruppo di cinque giovani dirigenti monarchici, tra i quali gli amici Italo Pennaroli e Giulio Solci Scarpi, che avevano l’incarico di introdurre e presentare agli Sposi gli invitati.
Solo a distanza di anni ebbi altri contatti con la Regina che mi scrisse l’8 settembre 1993 in occasione dell’inaugurazione del busto di S.M. il Re Umberto II a Racconigi, ed il 20 settembre 1994 in occasione dello scoprimento del busto del Re a Tuscania, inviandomi nel contempo da Cuernavaca (Messico) una bella fotografia con dedica. Ora il Re e la Regina riposano ad Altacomba e l’Alleanza Monarchica si impegna, oltre che all’abrogazione dell’art. 139 della Costituzione, a che Essi, insieme a Re Vittorio Emanuele III ed alla Regina Elena possano trovare la dovuta definitiva tumulazione al Pantheon in Roma.

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