VICINI AL CAPOLINEA?

autore: 
Roberto Vittucci Righini

Nemmeno in sogno, o meglio in delirio, avrei potuto immaginare di scrivere un articolo come questo, ma ritengo sia per me doveroso assumere posizione, limitata al momento alla mia persona ed a questa Testata della quale sono Direttore responsabile, in attesa che una decisione venga deliberata dall’Alleanza Monarchica.

Ne sono indotto da alcune considerazioni che ritengo possano essere condivise da tutti e non solo da coloro (e sono pochi) che per decenni si sono battuti unicamente per l’Italia e la Monarchia, senza cercare riconoscimenti di sorta, sovente con grossi sacrifici personali in denaro, in tempo e fatica, a volte quanto meno compatiti, se non derisi, dagli avversari politici, e da vent’anni costantemente osteggiati da taluni piccoli, intellettualmente inconsistenti e sovente ignoranti personaggi, dannosamente gravitanti intorno al Principe Vittorio Emanuele.

La prima considerazione è che “Casa Savoia” costituisce un patrimonio di tutti gli Italiani, diventati tali grazie ad essa che seppe unificare le genti e le terre della nostra penisola, facendone un popolo ed una Nazione; è patrimonio in particolare di quanti si immolarono nei campi di battaglia al grido “Avanti Savoia”, di quanti con il suo nome sulle labbra diventarono mutilati e invalidi, dei 600 mila Internati militari che patirono e soffrirono nei campi di concentramento tedeschi per rimanere fedeli al giuramento fatto al Re, dei giovani che a Napoli ed in altre località vennero uccisi dai comunisti all’epoca del referendum istituzionale, e di tanti e tanti altri che vorrei ma che è impossibile qui ricordare e onorare.
“Casa Savoia”, pertanto, non è patrimonio esclusivo di quei Principi che ne portano il nome, i quali, conseguentemente, non possono considerarla e trattarla come bene personale e privato, né tanto meno danneggiarla nella reputazione, nella considerazione e nel ricordo dei personaggi e dei fatti del passato.

E’ questo un punto estremamente importante, totalmente trascurato oppure non sufficientemente considerato da parte di coloro che per primi hanno l’inderogabile dovere, portandone il nome ed il sangue di onorarla e mantenerla onorata nel rispetto dei propri Avi ed in particolare dell’ultimo Sovrano d’Italia, il Re Umberto II, che per tutta la vita ha anteposto la dignità e l’amore verso la Patria ed i suoi abitanti, a qualsiasi interesse personale giungendo, pur convinto di essere uscito vincitore dal referendum istituzionale del giugno 1946, a partire volontariamente per l’esilio nella dichiarata volontà di evitare lo spargimento di sangue tra monarchici e repubblicani.

La seconda considerazione è che pur ridotti nel numero a causa del trascorrere del tempo (che si è portato via la maggior parte dei ben oltre 10 milioni di Italiani che le calcolatrici del ministro socialista Romita non riuscirono completamente a cancellare dai dati del referendum istituzionale) e sia pur danneggiati dall’ostracismo e dall’omertoso silenzio (con il quale la scuola con i suoi enormemente maggioritari insegnanti di sinistra ha avvolto il fondamentale ruolo di Casa Savoia nella storia d’Italia, ignorato ormai dai più) esistono pur sempre nella nostra Patria persone che guardano alla Monarchia quale istituzione di garanzia ben maggiore della repubblica.
Tali persone e tra esse specialmente quelle che questo ideale non si limitano a tenere dentro di sé ma lo esternano battendosi per esso a viso aperto, meritano rispetto e tutela in particolare da parte dei componenti la Famiglia reale che hanno quale punto di riferimento.
Invece avviene ormai da troppo tempo che fatti veri o falsi ma comunque prospettati con un alone di fondamento che trae origine da azioni e comportamenti di qualche Principe, nel gettare discredito sui Principi coinvolti, finiscono per ripercuotersi con effetti deleteri sui monarchici.
L’eco di questi fatti (come ci insegna la vicenda del 1978 dell’Isola di Cavallo nella quale venne coinvolto il Principe Vittorio Emanuele, poi risultato estraneo alla morte del giovane tedesco ferito da colpo di arma da fuoco sparato da altri, come definitivamente accertato dalla Magistratura francese) non si esaurisce mai, bensì continua a rimbombare tant’è che ancora a distanza di 28 anni in taluni articoli e lettere apparsi su quotidiani e periodici, hanno continuato ad imputare al Principe la responsabilità dell’accaduto.
Né possono valere a prova contraria della sua innocenza in tale disgraziata vicenda, le insensate parole di autoaccusa che il Principe avrebbe pronunciato, addebitabili - se in effetti dette - ad un momento di totale confusione mentale.
Questo significa che in avvenire, almeno per altri 30
anni, il Principe Vittorio Emanuele, sia pure totalmente assolto, come da nostri convincimento e speranza, dalle gravi imputazioni mossegli a Potenza, continuerà a venir indicato non solo quale assassino del tedesco ma anche quale sfruttatore e corruttore.

La terza considerazione è che pur facendo riferimento la gran parte dei monarchici italiani (noi compresi) a Casa Savoia, autrice dell’unità della Patria, non bisogna dimenticare l’esistenza di fautori ed estimatori delle altre Dinastie che regnarono su parti della nostra penisola prima della sua unificazione.
Monarchici anch’essi, ci sono certamente più vicini condividendo il nostro stesso ideale istituzionale, rispetto a coloro che, invece, plaudono alla repubblica.
Presentando in alcune (poche) località alle elezioni amministrative di maggio, il simbolo “Stella e Corona”, vi avevamo inserito le parole “Monarchici uniti” spiegando anche da queste pagine che stavano ad indicare non già una avvenuta adesione di tutti i gruppi o gruppetti che guardano a Casa Savoia, bensì un richiamo agli estimatori dei Borboni delle Due Sicilie e di Parma, ai Lorena della Toscana, ecc.
Tale richiamo non è stato compreso ma forse lo sarà in avvenire, come ci auguriamo.

La triste vicenda che ha visto a giugno coinvolto il Principe Vittorio Emanuele, sulla quale si pronuncerà la Magistratura, è stata ampiamente pubblicizzata dai mass media che per fare il proprio lavoro, consistente nell’attrarre l’attenzione del pubblico non infrequentemente gonfiando le notizie oppure presentandole con impostazione scandalistica, si sono valsi di stralci di telefonate e atti ampiamente attinti dall’indagine della Magistratura di Potenza.
Abbiamo letto che i Giudici dai quali è partita l’inchiesta sviluppatasi attraverso intercettazioni telefoniche costate somme enormi ai contribuenti italiani, non erano alla ricerca di mettersi in mostra o di pubblicità personale, ma mi viene da chiedere perché uno di tali Magistrati sia apparso più volte nella trasmissione “Chi l’ha visto?” su Rai 3 a parlare della vicenda in questione nella quale non erano coinvolte persone scomparse e da rintracciare.
La pubblicità data alla anche così gonfiata vicenda da televisioni e giornali che presentavano il Principe quale sicuro responsabile dei fatti addebitatigli e, quindi, condannato a priori, è destinata a ripercuotersi su tutta la vita del Principe che rimarrà per l’opinione pubblica per sempre marchiato di infamia a dispetto anche della augurabile sentenza di totale assoluzione.

Mi viene altresì da chiedermi perchè la vicenda che ha coinvolto il Principe Vittorio Emanuele sia stata mescolata con le totali estranee accuse rivolte a Salvatore Sottile, portavoce dell’On. Fini, a taluni dirigenti e dipendenti Rai accusati di favoritismi verso aspiranti attrici quale Elisabetta Gregoraci, fidanzata del manager Flavio Briatore, a nomi della politica e dello spettacolo, in un turbinio di illazioni (riportatare dai giornali sotto titoli scandalistici) evidentemente uscite sempre da Potenza alla faccia di quel diritto alla privacy in Italia vantato ed imposto ai gonzi ma completamente ignorato e disatteso dalla cricca dei “potenti” ed anche da chi, pur contando quanto un fico secco, viene utilizzato ed entra a farne parte per interessi scandalistici.

Mi viene inoltre da chiedermi allibito ed indignato, perché si sia voluta introdurre in questa squallida vicenda anche una persona alla quale va in massimo grado la stima ed il rispetto non solo dei monarchici italiani ma anche del suo popolo, come hanno dimostrato le ultime due elezioni politiche svoltesi in Bulgaria, vale a dire lo Zar Simeone II.
Lo Zar dei Bulgari, già Primo ministro ed attualmente al vertice di uno dei tre gruppi che formano la maggioranza parlamentare nel suo Paese, è stato insultato in base ad affermazioni contrarie ad ogni evidenza e verità, in cui l’elemento dominante è la millanteria, in base ad operazioni mai poste in essere ed a provvedimenti decisi all’unanimità dal Tribunale costituzionale bulgaro nel 1998, come lo stesso Zar Simeone II ha precisato in lettera indirizzata al quotidiano “La Stampa”, pubblicata sul numero del 27 giugno 2006.

Con tale lettera lo Zar ha risposto ad un immondo articolo scritto da tale Giuseppe Zaccaria che squallidamente ed offensivamente lo ha chiamato “Simeone di Sassonia Coburgo Gotha e trallallero”, e che neanche sa che è stato Re e non solo “figlio dell’ultimo Re” come ha scritto.
Nemmeno l’odio e l’invidia di un “signor nessuno” contro il discendente di una Dinastia che fa parte della Storia, può legittimare il linguaggio che vorrebbe essere spiritoso ma che è solo demenziale, usato in tale articolo e le volgari accuse e offese rivolte a chi è stato determinante nel far rialzare la Bulgaria dal baratro nel quale l’aveva fatta precipitare il comunismo.
Nemmeno il desiderio di mettersi in mostra e l’ansia di apparire un giornalista informato deve permettere di spacciare per vere affermazioni e accuse palesemente ridicole ed infondate come quelle che lo Zaccaria ha riportato imputandole ad uno che messo in pensione ed allontanato dalla magistratura dopo che era stato procuratore durante il regime comunista, è stato dallo stesso Zaccaria definito “persona troppo anziana per provare timidezze”, che tradotto significa “persona troppo anziana per temere le conseguenze di azioni penali per denigrazione”.

E’ inutile illuderci e autoprenderci in giro quando ben sappiamo come vanno le cose; un innocente che finisca sui giornali, tanto più se accusato di reati che stuzzichino la libido dell’opinione pubblica per taluni aspetti di immoralità, rimarrà per sempre colpevole e verrà indicato al suo passaggio di nascosto a dito dai conoscenti che ne diffonderanno le “colpe”, anche dopo essere stato completamente assolto e quindi riconosciuto totalmente innocente.

Questo stato effettivo di cose trae origine dall’ampiezza della pubblicità data ai casi ritenuti “pruriginosi” o che coinvolgono personaggi noti, enorme rispetto poi della striminzita comunicazione d’ufficio dell’avvenuta assoluzione, pubblicata per “dovere d’ufficio”, dalla quale il più delle volte trasuda quasi un senso di vergogna derivante non già dall’aver precedentemente largamente diffuso notizie poi rivelatesi infondate, bensì dal dover “scagionare” una persona che ormai per l’immaginario collettivo deve essere colpevole.

A ciò si aggiunga che a causa degli allucinanti lunghi tempi della giustizia italiana, un innocente viene riconosciuto tale a distanza di numerosi anni nel corso dei quali l’opinione pubblica ha continuato a considerarlo colpevole per cui il convincimento così a lungo coltivato ben difficilmente verrebbe sradicato anche ove, e non è, della sua innocenza fossero poi date notizie ampie al pari di quelle della iniziale (per legge presunta ma in realtà data per certa) colpevolezza.
E’ anche per questi motivi che il Principe Vittorio Emanuele avrebbe dovuto avere un atteggiamento ben più prudente e circondarsi solo di persone di accertata limpidezza, onestà e preparazione, come è costantemente stato uso fare S.M. il Re Umberto II.

Invece, come ha ammesso anche in intervista pubblicata su un settimanale il 16 agosto, il Principe si è dichiarato colpevole “Di aver dato fiducia a persone che non lo meritavano. Credo di essere stato raggirato da gente che ha usato il mio nome, senza che io lo sapessi, per ottenere dei favori personali”.
Sono perfettamente convinto dell’esattezza di quanto detto dal Principe Vittorio Emanuele, tanto da averlo anticipato da queste pagine più volte in passato con attacchi a quelli tra i cortigiani che più ritenevo deleteri.
La rovina del Principe è derivata proprio dall’essersi circondato di persone inadeguate che ritengo non fossero assolutamente in grado di indirizzarlo e dargli buoni ed utili consigli, il più delle volte propense più che ad operare a suo vantaggio quale Capo della Dinastia (e qui non parlo solo di interessi economici ma anche di attività che posso definire istituzionali) a porre se stesse in mostra godendo di luce riflessa.

Ma se il Principe non può avere responsabilità per le sovente poco accorte dichiarazioni rese o azioni compiute a suo nome da taluni di tali “personaggi”, certamente si è rivelato poco accorto nell’aver loro concesso una fiducia che, come ha riconosciuto, non meritavano.
Il Principe Vittorio Emanuele, lo confidiamo oltre che speriamo, verrà penalmente assolto dalle accuse mossegli dai magistrati di Potenza, ma moralmente non uscirà indenne per la leggerezza con la quale ha consentito ad altri di porlo in situazioni tali da aver indotto a restringerlo prima in carcere e poi agli arresti domiciliari, con vergogna non solo sua, ma della Casa Reale e dei monarchici italiani.

E’ pacifico che da anni Alleanza Monarchica si è attestata a difesa di quelli che riteneva fossero i diritti, gli interessi ed i desideri del Principe Vittorio Emanuele ad essere Capo della Dinastia e pretendente al Trono d’Italia.
Così abbiamo minimizzato e non dato rilevanza a dichiarazioni del Principe di riconoscimento della repubblica italiana e del suo Presidente, ed a dichiarazioni di mancanza di interesse a rivestire il ruolo ufficiale di pretendente al Trono. Abbiamo anche taciuto che le indicazioni di voto date, in occasione delle elezioni politiche di aprile, dal Principe Vittorio Emanuele a favore dell’On. Berlusconi e dal Principe Emanuele Filiberto a favore della D.C. di Rotondi (partito nel quale ha fatto candidare persone a lui vicine tenendo anche allocuzioni propagandistiche in luoghi pubblici) comportavano la rinuncia a svolgere ruoli dinastici, rappresentando l’antitesi alla posizione di “super partes” retaggio e condizione indispensabile per chi sia o aspiri a diventare Re, come ha anche insegnato Re Umberto II che sempre si definì Re di tutti e mai di una sola parte degli Italiani.

Dobbiamo essere sinceri sino in fondo ed ammettere che non poche volte i comportamenti e le dichiarazioni dei due Principi ci hanno stupito per non dire allibito.
Come quando per l’appunto il Principe Vittorio Emanuele ha annunciato il suo voto alle elezioni politiche a favore dell’On. Berlusconi da lui indicato come l’autore del provvedimento di rientro in Patria dall’esilio, mentre è notorio ed assolutamente certo che il Parlamento italiano si decise finalmente dopo oltre mezzo secolo a votare tale rientro solo dietro la contropartita della rinuncia del Principe al ricorso in merito presentato alla Corte europea (che non aveva potere di obbligare l’Italia, ma il cui verdetto avrebbe costituito una pubblica vergogna per la nostra Nazione proprio nel momento in cui cercava con le missioni militari all’estero, di riacquistare la da tempo dilapidata stima e considerazione internazionale).
Così come non abbiamo potuto condividere la dichiarazione del Principe Emanuele Filiberto a favore della D.C. di Rotondi (alleata elettoralmente ai socialisti di De Michelis) con elogio di democristiani e socialisti, nel mentre proprio D.C. e P.S.I. determinarono l’instaurazione della repubblica in Italia, i primi non prendendo posizione a favore della Monarchia al momento del referendum istituzionale (De Gasperi votò repubblica ed il 12 giugno 1946 “intimò” a Re Umberto II di lasciare l’Italia) ed i secondi falsandone il risultato con Romita, allora Ministro dell’interno al quale da subito e non solo dai monarchici, venne imputata la manipolazione dei voti.

Con pari tristezza abbiamo visto il Principe Emanuele Filiberto darsi alla pubblicità sino ad essere effigiato con in mano una scarpa e nell’altra una spazzola per spolverarla, in una posa che, ne siamo fermamente convinti, avrebbe fatto inorridire S.M. Umberto II: e qui nessuno ci dica che quanto sopra è la conseguenza dei tempi in cui viviamo e che tale pubblicità ha portato simpatie, in quanto stiamo parlando di un Principe di Casa Savoia al quale la nascita ha elargito favori ma anche doveri di membro della Dinastia, così ignorati e calpestati.

Qualcuno si chiederà il motivo per il quale stiamo ricordando questi fatti e la risposta è semplice, perché come monarchici che guardano all’avvenire ma che non possono dimenticare il passato ed i Re di Casa Savoia, non possiamo accettare ulteriormente lo smantellamento dei nostri ideali da parte proprio di coloro che hanno per primi il dovere di proteggerli e custodirli per sé e per noi.
E’ inutile negarlo, i “fatti di Potenza” hanno segnato profondamente il mondo monarchico, spezzettandolo ulteriormente e danneggiando forse definitivamente quel purtroppo poco che rimaneva.
Noi stessi, come Alleanza Monarchica, stiamo pagandone le conseguenze con disdette di iscrizioni, con comunicazioni (addirittura talune a mezzo raccomandate con ricevuta di ritorno) di non voler più ricevere questo Mensile, con e-mail via internet di insulti, a volte non disgiunti da minacce, con telefonate disgustose (che ci hanno indotto ad eliminare il telefono fisso della sede di Torino) e via dicendo.

Diversa è la situazione tra chi è noto come monarchico solo nella sua cerchia di amicizie e conoscenze, e chi, invece, si manifesta quotidianamente come tale anche e specialmente con estranei, frequentando le nostre sedi, distribuendo per via i nostri giornali o partecipando e dichiarandosi tale in pubblici dibattiti o in altro modo. E non si tratta solo della rabbia che accumuliamo nel dover rintuzzare insulti (come avviene nella sede monarchica di Via Mercanti 30/C in Torino, nella quale dopo il 16 giugno non raramente si presentano imbecilli a vomitarci addosso il loro odio e disprezzo verso i Principi) ma anche del sempre maggior affiorare della stanchezza derivante dal condurre da decenni una battaglia (da economicamente miserabili, stante l’assoluta mancanza di supporti finanziari, ma da moralmente giganti dati i nostri ideali) che dopo gli ultimi tristi fatti si evidenzia ulteriormente non vincibile; stanchezza che ci porta anche a riflettere se sia logico ed umanamente giusto che mentre alcuni pensano ad incassare soldi (in maniera lecita o meno, lo dirà la giustizia) da devolvere in beneficenza, vi siano monarchici che a spese loro, con sacrifici economici sempre maggiori a causa del continuo lievitare dei costi, si battono per tenere alta una Bandiera che si sta ammainando sempre più a causa di coloro che dovrebbero proteggerla per primi.

A questi fatti, già di per sé estremamente tristi, si è poi aggiunta la rivendicazione della primogenitura vale a dire della titolarità di Capo di Casa Savoia, da parte del Duca Amedeo di Savoia-Aosta.
I nostri lettori sono a conoscenza del rispetto che abbiamo sempre manifestato verso il Duca Amedeo ed il figlio Aimone Duca delle Puglie, da noi costantemente indicati quali terzo e quarto, dopo i Principi Vittorio Emanuele ed Emanuele Filiberto, nella scala di successione a Re Umberto II.
Onestamente devo riconoscere che da anni, sin da prima del rientro dei due Principi dall’esilio vi è stata nell’Alleanza Monarchica una forte corrente che spingeva a che il nostro Movimento riconoscesse quale Capo di Casa Savoia il Duca d’Aosta.
Ancora oggi, dopo il terrificante fatto di Potenza, non ritengo che l’Alleanza Monarchica debba pronunciarsi in merito e ciò per una serie di motivi che, all’occorrenza, potrò in seguito precisare, nel mentre ora mi limito ad indicarne sinteticamente solo due.
In primo luogo ritengo priva di valore la dichiarazione a favore di Casa Aosta, fatta dalla Consulta dei Senatori del Regno la quale, sia pur voluta o avallata da S.M. Umberto II nel 1955, non ha – a mio avviso – potere di assumere decisioni in merito.
A ciò si aggiunga che le vicende della Consulta negli ultimi anni, con modifica del regolamento da parte del Principe Vittorio Emanuele, che ne dispose prima il commissariamento e poi lo scioglimento con messa in liquidazione, ai quali fece seguito un’autoconvocazione con adesione di una minoranza dei componenti e la designazione di nuovi responsabili, meriterebbero approfondimenti sulla validità prima ancora che delle sue prese di posizione, della sua stessa esistenza.
La prima Consulta è poi ultimamente stata ricostituita e oggi ne esistono due, a mio parere entrambe prive di qualsiasi potere.
In secondo luogo ritengo dannosa, anche a fronte dell’opinione pubblica che non la capirebbe, una nuova “guerra delle rose” (a similitudine di quella che si svolse tra i Lancaster e gli York con ben maggior fondamento in Inghilterra dal 1455 al 1485) che coinvolgendo i Movimenti ed i singoli monarchici (per non parlare degli Ordini cavallereschi dinastici quale “San Maurizio e Lazzaro” che, raddoppiati, entrerebbero in concorrenza) senza al momento utilità effettiva, causerebbe ulteriore crepe in una situazione già sinistrata al limite della polverizzazione, con definitivo affossamento delle nostre poche residue aspirazioni e speranze.
Ciò non toglie, ribadisco, che pur non prendendo ufficialmente posizione a favore di Casa Savoia-Aosta, alla stessa vadano parimenti la nostra simpatia e devozione.

COSA FARE ?
Fatta presente quella che, secondo me, è la situazione, occorre giungere alle conclusioni.
Altri hanno già tentato di farlo come quell’ignoto (la lettera aperta da lui indirizzata a “Vittorio Emanuele di Savoia”, diffusa a fine giugno da un organo Monarchico, si conclude con un anonimo “Lettera Firmata”) che indica la soluzione nella “Luogotenenza generale del Capo della Dinastia” da conferire in primis a “Sua nuora Clotilde: le Principesse d’origine francese hanno sempre avuto un grande ruolo nella Dinastia, spesso risolvendo situazioni critiche”.
Tal proposta costituisce la riprova della disperazione dei monarchici che porta a cercare e prospettare allucinanti soluzioni che si commentano da sé (la Luogotenenza data non già ad una Principessa francese – il che sarebbe ugualmente stato assurdo – bensì ad una pur amabile, gentile, intelligente – anche nell’imparare prontamente la lingua italiana – colta, giovane Signorina d’origine francese, diventata Principessa a seguito di nozze, forzatamente ignara o quasi di questioni italiane e dinastiche, intenta ad allevare la prole).
Ometto di citare altre fantasiose soluzioni dettate, come detto, dalla disperazione e giungo a rapide conclusioni, alcune già assunte rientrando esse nelle mie facoltà, ed altre da assumere dalla convocata Assemblea nazionale.

Le conclusioni già assunte consistono nella chiusura a fine 2006 della sede di Torino dell’Alleanza Monarchica, non ritenendo più sopportabili i sacrifici economici che la stessa comporta, nel mentre rimarrà operativa la redazione di questo Mensile alla quale, per comodità e semplicità di raccolta della posta in arrivo, si potrà continuare a scrivere indirizzando alla Casella Postale n. 1 di Torino Centro.

Il Mensile “Italia reale” uscirà regolarmente nel 2006 in 16 pagine per gli 11 numeri annuali, continuando a dare le notizie relative a tutti i Principi e Principesse di Casa Savoia, limitate però a quelle buone, belle, non lesive della Dinastia e non dirette ad alimentare rivalità, così come darà notizie relative a Re e Principi di altre Dinastie; analogamente avrà luogo nel 2007 con possibilità all’occorrenza, in caso un consistente numero di lettori dovesse decidere di non rinnovare il contributo, di ridurre il numero delle pagine da 16 a 8.

Le conclusioni che, invece, intendo quale Presidente nazionale, sottoporre all’esame ed al voto dell’Assemblea del 7 ottobre 2006 consistono:
- nel considerare sullo stesso piano tutti gli attuali Principi Savoia sino a quando non sarà stata completamente chiarita l’attuale spiacevole e complessa situazione che impedisce una precisa presa di posizione;
- nel proseguire finchè ne avremo la volontà oltre che la possibilità, la nostra autonoma attività politica continuando a batterci per l’ideale monarchico, chiamando a raccolta sotto il simbolo “Stella e Corona - Monarchici uniti” gli estimatori di tutte le Dinastie che regnarono in passato su parti della nostra Penisola, mantenendo come Bandiera quella del Regno d’Italia dal 1861 al 1946 vale a dire il Tricolore arricchito dallo stemma della millenaria Casa Savoia.

anno: 
mesi: 
argomenti: