MONDO ARABO IN RIVOLTA, LA LIBIA VOLTA PAGINA

autore: 
M.M.

Le violente proteste contro i tiranni arabi, evidenziano una realtà inconfutabile: le repubbliche hanno regalato autoritarismi non più sopportabili, le Monarchie evidenziano pace sociale, tolleranza e giusto progresso.

L’importante giornale inglese “Economist” aveva pubblicato, il 20 gennaio 2011, un’analisi della situazione, venutasi a creare, dopo l’esplosione della protesta in Egitto.

Vi era sintetizzato un ammonimento: “I leaders arabi debbono tutti stare attenti”. In effetti, dopo la rivolta popolare in Egitto, precedute da proteste e violenze in Tunisia, si sono verificate sommosse degli studenti universitari in Algeria, represse duramente dalla polizia.

In Siria il regime del Presidente Assad ha fatto sparare sulla folla che protestava. I carri armati del regime hanno provocato, in una sola giornata, oltre 100 morti tra i manifestanti.

Anche in Iran si protesta contro il governo ma, incredibilmente,le notizie sembrano filtrare con il “contagocce” e soltanto attraverso alcune organizzazioni, legate alla famiglia imperiale esule, abbiamo potuto conoscere la realtà di un Paese che non è più sotto il ferreo controllo di una dittatura feroce.

Soltanto negli Stati retti a Monarchia, come ad esempio il Marocco e la Giordania, non vi sono state nè rivolte, nè sommosse.

Questo significa che il Re è motivo di pacificazione ed è in grado di garantire quell’equilibrio, tanto necessario per mantenere la pace e guardare al futuro con serenità.

L’ultima grande rivolta riguarda la Libia, dove il regime del colonnello Gheddafi è stato travolto da un’insurrezione di popolo che sventolava, come simbolo di liberazione, la vecchia bandiera Monarchica del Re di Libia Idris Al Senussi.

Nessun giornale ne ha parlato e le stesse dichiarazioni dell’erede della Dinastia che vive in esilio a Roma sono state quasi del tutto ignorate.
In effetti dovremmo interrogarci sull’atteggiamento dell’Occidente liberalprogressista, degli Stati Uniti e dei gruppi di potere economico mondialista sul perchè le Monarchie, iraniane e libiche, non abbiano ottenuto, a suo tempo, alcun aiuto e sostegno.

Nell’estate del 1969 in Libia vi era una Monarchia costituzionale e liberale che garantiva tranquillità e ordine. Non vi era repressione politica e vigeva la più grande tolleranza tra le diverse culture e religioni.

Pensiamo anche alla negata restaurazione della Monarchia in Afghanistan, invocata dalle diverse etnie e negata dalla volontà politica delle forze occidentali.
La caduta di Gheddafi ha portato alla luce alcuni documenti dei Servizi Segreti, dai quali mergerebbero precise responsabilità, da parte di Stati Uniti e Inghilterra, che avrebbero collaborato strettamente con il “colonnello”: altro che vantare primati per il suo defenestramento.

Da queste carte sarebbero emerse relazioni incredibili, in particolare della C.I.A., così come pubblicato da alcuni quotidiani italiani e francesi.

In queste relazioni “si magnificano le ottime relazioni con i Servizi Segreti libici” e li si ringrazia “per aver avuto la prontezza di eliminare gli elementi sospetti che aerei americani consegnavano impacchettati a Moussa Koussa e alle sue torture”.

Da questi intrecci, degni di un film di 007, emerge chiaramente come le democrazie liberal-progressiste, trovano accomodamenti con i dittatori, quando sono al potere e arrivano ad ogni tipo di compromesso.

Del resto i recenti viaggi del colonnello Gheddafi a Roma (nel giugno 2009) ci ricordano come il governo italiano avesse installato, per il tiranno, la sua inseparabile tenda beduina, con tanto di climatizzazione, mentre la protezione era assicurata da giovani amazzoni in tuta mimetica.

Non era mancata la distribuzione di copie del Corano e somme di denaro, a titolo d’indennità.
Non sappiamo da chi sia voluto e se esista veramente uno scontro di civiltà. Certo è che la politica dei fautori della “repubblica universale” sembra non avere pudori. Le Monarchie danno fastidio perchè garantiscono identità e coesione.

Gli scontri tra poveri e un diffuso clima di insicurezza aiutano certamente di più i mestatori e i politicanti occidentali a realizzare i loro sporchi affari, a tutto vantaggio delle “centrali economiche” più o meno occulte.

Non sappiamo cosa accadrà in Libia.
Nelle poche interviste che sono state diffuse del nipote dell’ultimo Re, emerge la volontà dell’erede della Dinastia di tornare in Patria. Il Principe invoca il ripristino della legittimità.

Il primo atto di legittimità sarebbe quello di permettere al popolo di scegliere tra la repubblica e una Monarchia, abbattuta con la violenza.

Il Principe libico ripete: “dovete capire che le tribù non dividono la Libia, la compongono. Il popolo è unito nel chiedere la democrazia” che si differenzia da quell’americana solo perchè i libici non sceglierebbero il Presidente da un partito, ma farebbero riferimento ad una famiglia, la Senussia, “l’unica che discende dal Profeta e può impedire a una tribù di prevalere sulle altre o al Paese di sprofondare nel caos somalo”.
Tali dichiarazioni sembrerebbero equilibrate e di buon senso ma, come abbiamo detto gli interessi internazionali sono ben diversi.

Ancora una volta, in ogni caso e sempre: viva la Monarchia.

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