PANORAMA INTERNAZIONALE

autore: 
Giancarlo Vittucci Righini

Gran parte del Medio Oriente continua a ribollire.

Fatta eccezione per il Marocco, l’Algeria e l’Arabia Saudita, gli altri Stati, dall’Egitto, dove è stato deposto il Presidente Mubarak, attualmente sotto processo perché non ha voluto lasciare la patria, alla Tunisia dalla quale è fuggito il Presidente Ben Alì, riparato a Riad, abbiamo assistito al crollo di regimi moderati e filoccidentali con i quali l’Italia intratteneva buoni rapporti.

Si è ora in attesa di prossime elezioni che costituiscono indubitabilmente una salto nel buio.

Sono ricomparsi i partiti islamici e quelli comunisti, e vi è la possibilità che i nuovi governanti siano decisamente peggiori di quelli che li hanno preceduti.

Identico discorso va fatto per la Libia, con la quale ancora recentemente sono stati stipulati accordi per noi vantaggiosi sia per quanto attiene alla materia energetica che al controllo dell’emigrazione clandestina.

La rivolta contro il regime del tronfio beduino Gheddafi fomentata da Francia ed Inghilterra, è stata appoggiata dall’intervento della Nato, senza il quale i cosiddetti lealisti avrebbero ripristinato senza eccessive difficoltà il vecchio regime.
Anche qui si pone l’interrogativo: chi subentrerà al tiranno?

Gli insorti sono divisi e perseguono interessi diversi, dai monarchici, ai fondamentalisti islamici, ai democratici, persino ai seguaci di organizzazioni terroristiche.
C’è da augurarsi che la Libia dalla padella non caschi nella brace.

Buone prove hanno dato invece le Monarchie.
Dal Marocco all’Arabia Saudita, dalla Giordania al Kuwait, con l’unica eccezione del Bahrein, dove vi è stata una sommossa prontamente domata, i Governi non hanno avuto grossi problemi per mantenere l’ordine. Il che dimostra la superiorità dell’Istituzione Monarchica, dove il Sovrano rappresenta l’Unità Nazionale ed è Capo indiscusso delle Forze Armate.


Gravi disordini con centinaia di morti e migliaia di feriti in Siria, dove il Presidente Assad ha represso i disordini con il pugno di ferro, provocando la disapprovazione generale.

In questo contesto il Capo del Governo turco Erdogan, leader del partito islamico che ha una schiacciante maggioranza nel Parlamento e che si professa moderato, cosa sulla quale nutriamo forti dubbi, sta compiendo un’opera di efficace propaganda nell’intero Medio Oriente, proponendosi come il leader di una politica nuova in funzione antisraeliana e di distacco dall’Occidente.

È probabile che il sagace uomo politico si sia reso conto dell’impossibilità per la Turchia di entrare a far parte dell’Unione Europea ed abbia deciso di dirigere i propri interessi in tutt’altra direzione.

In Russia si avvicina la scadenza elettorale ed i leaders del Partito di destra Russia Unita che ha la maggioranza di due terzi del parlamento, si scambieranno le cariche attualmente ricoperte: Putin ridiventerà Capo dello Stato, Medvedev sarà Capo del Governo.

Fibrillazioni all’Onu per l’iniziativa del palestinese Abu Mazen, capo dell’Olp, il quale sostenuto in particolare da molti Paesi del terzo mondo, ha chiesto l’ammissione della Palestina, in ciò osteggiato da Israele nonché dagli Stati Uniti, i quali hanno già fatto sapere che opporrebbero il veto.

È possibile che riesca ad ottenere il riconoscimento come osservatore, così com’è avvenuto a suo tempo per la Santa Sede.

In Iraq continua la lotta tra sciiti e sunniti, con numerosi attentati e molte vittime. La guerra civile è fomentata dall’Iran che prosegue imperterrito nello sviluppo del proprio programma nucleare.

Nello Yemen continuano i torbidi provocati dall’opposizione contro il regime del Presidente Saleh, il quale per l’ennesima volta ha promesso di dimettersi prossimamente e di trasmettere i poteri al suo Vice.

In Belgio, dopo 482 giorni i contrapposti partiti fiamminghi e valloni si sono accordati per una riforma del Regno in senso federale ed hanno finalmente ricostituito il Governo.
Nonostante la lunga crisi l’economia belga è cresciuta con uno dei ritmi più alti dell’U.E. (+ 2% del Pil nel 2010; + 2,5% nel 2011). Soltanto la presenza della Monarchia ha evitato la secessione.

Per finire la Spagna versa in condizioni comatose.
La disoccupazione supera il 20% della popolazione attiva e l’impoverimento è diventato generale.
La maggioranza socialista è stata duramente sconfitta nelle recenti elezioni amministrative. Il Premier Zapatero il quale ha consegnato i paesi baschi ai partiti indipendentisti, presagendo la sconfitta alle prossime elezioni politiche ha dichiarato che non si ripresenterà; con ogni probabilità la vittoria andrà ai conservatori del P.P. guidato da Rajoj.

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